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SIMONE ALESSANDRINI STORYTELLERS  "Circe"
   (2024 )

Com'è quel mantra che spesso tanti ripetono oggi? “I cani sono meglio delle persone”. Quando me lo dicono, io rispondo: “E allora parla col tuo barboncino, che vuoi da me?”. Ma sembra che questi pensieri non siano solo una novità recente, figlia della misantropia spinta dai social network. In maniera più elaborata e interessante, l'idea la troviamo già nel 1549, in un libro di Giovan Battista Gelli, “Circe”, dove l'autore immagina che l'Ulisse dell'Odissea, quando si trova dinanzi alla maga che trasforma la sua ciurma in animali, questi ne siano felici, e non desiderino più tornare umani.

Terzo di una trilogia di “Storytellers”, di racconti in musica, “Circe” è il nuovo lavoro del compositore e sassofonista-flautista Simone Alessandrini, uscito per Parco della Musica Records, e prende ispirazione dal libro di Gelli. Ad ogni musicista viene assegnato il ruolo di un animale, ed essendo in dodici, si può intuire quanta fauna ospiti questo disco!

Il sax soprano e i flauti sono Ulisse. La voce femminile è Circe. Il sax tenore, clarinetto turco e caval sono il vitello. Tromba e flicorno prendono le parti del cavallo. Sax baritono, clarinetto basso e tuba rappresentano il leone. La cerva viene affidata alle chitarre. L'arpa fa la lepre, la marimba e il vibrafono l'ostrica. Per il cane ci si affida all'elettronica. Contrabbasso e basso elettrico, essendo vibrazioni sotterranee, diventano la talpa. E infine la batteria e le percussioni sono il capro, con i suoi zoccoli.

Nel “Preludio” Circe ci canta da sola, in una lingua che non afferro. Poi in “Circe” arrivano tutti quanti. I brani “grossi” sono intervallati da interludi solisti, dove si presentano gli animali, cioè gli strumenti solisti. Ad esempio, in “Interludio I. Ostrica” c'è una melodia di marimba, accompagnata da accordi di vibrafono. “La lepre e lo specchio” è per la sola arpa; nella prima parte si sente il virtuosismo della musicista, nella seconda metà rallenta, per eseguire una toccante melodia. Ma “Xopeìa. Leone” sprigiona tanta energia, con l'ensemble di sax e flauto, su ritmo ternario, armonia statica (sempre lo stesso accordo diciamo), ma molte variazioni ritmiche.

Nel “Canto della cerva”, aperto da un vociare di bambini, la chitarra elettrica ha il suono caldo e il tremolo, e si muove sinuosa con diversi bending. Anche qui l'orchestrazione è ricchissima. Nel caso de “La frusta del timore. Capro”, sprofondiamo in un free jazz caotico e dissonante, ma poi arriva Circe a urlare: “Non avete paura voi della morte?”. A quel punto, con l'ingresso della batteria, l'ensemble assume forma ordinata, ritmata ed energica. Alessandrini compone qui anche delle poliritmie, quindi la complessità resta. Ma improvvisamente, come urlerebbe Phil Collins: “All change!”. Nel senso che, senza soluzione di continuità, il brano si trasforma in una marcetta da banda itinerante, con tanto di tuba che batte i battiti in battere, e il trombone che glissa a fine misure.

Non è tutto strombazzante. “Il passaggio. Serpe” è un brano più flebile, e l'“Interludio III. La Talpa” è un assolo di contrabbasso. “Cavallo e mal d'amore” parte come un jazz moderato, ma poi prorompe in uno swing rapidissimo, con tanto di walking bass. Curiosa la struttura di “Marcia del sopruso. Vitello”, dove protagonisti sono gli strumenti che rappresentano il bovino, ma suonano quasi nel silenzio. Il ritmo è scandito dalla chitarra in staccato e da scarne percussioni. E il finale, “Epilogo. Ulisse” lascia lo spazio all'improvvisazione di Alessandrini al sax, in un brano sussurrato, che cresce.

Quindi, non posso sapere se i cani siano meglio delle persone, anche perché io ho una gatta. Ed è antipatica, ruffiana e opportunista: non proprio un esempio di virtù! Però “Circe” è un ottimo prodotto, perfettamente equilibrato tra composizione rigorosa ed improvvisazione jazz. (Gilberto Ongaro)