MEMORY DRAWINGS "Deathbed requests"
(2024 )
Poliedrico artista originario di Minneapolis, attivo dagli inizi degli anni Novanta nei progetti Passage e Judgement of Paris, quindi votato ad una lunga e prolifica carriera solista – sebbene sempre attorniato da un nutrito e cangiante cast di musicisti - sotto il moniker collettivo di Memory Drawings, Joel Hanson pubblica per Sound In Silence le otto tracce inedite di “Deathbed Requests”, quinto album (sesto considerando il mini “Phantom Lights”) rilasciato dalla sigla a partire dal 2012.
Impreziosito – mai sovrastato – dall’uso del dulcimer, strumento di elezione di Hanson, offre il consueto fascinoso e straniante connubio tra morbide derive post-rock e movenze placide a cavallo tra ambient e contemporanea accomodante. E’ musica eterea, diafana e impalpabile, dai toni sfumati ed inafferrabili, accarezzata da suoni antichi e moderni, sviluppata attorno a figure armoniche ripetute e all’interplay tra dulcimer e sezione ritmica; lavoro disteso e carezzevole, prosegue il percorso iniziato con il precedente “A Few Scattered Hours”, indulgendo ad atmosfere più rarefatte e ad un certo gusto per l’astrazione (“A Necessary Fiction”), sublimato in brevi code della durata di pochi secondi, avulse dai brani, utilizzate come una firma in calce.
Vanno così in scena la cadenza pigra e sorniona di “These Are My Interpretations”, con giro di basso quasi dub ed echi sparsi fuori dal tempo, curioso ibrido tra Peter Green, Japan e For Carnation; il passo rock contrappuntato da synth avvolgenti di “Non-Aggression Pact”; il rallentamento con archi di “Divisible By Three”, tra neoclassica e world-music; l’aria in minore ed il battito suadente di “You Won’t Want to Hear This”, con graduale rilascio di tensione in un mid-tempo disturbato, corredato da inserti rumoristici e da un generale mood afflitto. La chiusura è affidata a “A Final Request”, epilogo dolente per violoncello straziato, dulcimer struggente e percussioni lontane, qualcosa tra il folk ancestrale di Loreena Mc Kennitt e la malìa infida dei Dead Can Dance, suggello ad un album elegante, intenso, ricco di trame seducenti e raffinate tessiture. (Manuel Maverna)