IL RUMORE DEL BIANCO "Allegro ma non troppo"
(2024 )
Cosa distingue gli studenti del DAMS da tutti gli altri? Da ex studente del DAMS, ve lo posso dire: dobbiamo infilare il cinema ovunque, è un'esigenza, non so se per flexare la kulturah, o se per condividere la nostra smisurata passione per la celluloide. Fatto sta che chi esce dal portone dell'università con in testa Vertov, Kubrick, Fellini e Kieślowski, prima o poi da qualche parte li deve inserire.
Non fa eccezione Il Rumore del Bianco, trio di ex damsiani che tre anni fa su YouTube pubblicò “Luccicanza”, brano per pianoforte e basso, la cui copertina cita esplicitamente Danny sul triciclo e le gemelline di ''Shining''. Uscito per Pupetta Records, “Allegro ma non troppo” è il loro quarto album, dove il post rock atmosferico incontra suoni da synthwave ottantiana, come annunciato in “Ouverture”, la traccia d'apertura.
Diversi brani sono corredati da videoclip orgogliosamente casalinghi: si vede che sanno sviluppare idee visive a basso costo, curiose ed efficaci. Il video di “Ottobre” simula la qualità VHS, è la parodia di un videocorso di aerobica. L'attore che si presta a fare gli esercizi si muove in maniera buffa. Il titolo “Sul bel Borbera blu” omaggia un torrente piemontese ed è un valzer elettronico, spostato nella conclusione al pianoforte; una malinconica melodia viene eseguita con un suono di glockenspiel, ed anche questo brano ha un videoclip: è una partita di calcio in bianco e nero!
Nel video di “Room 101” invece compaiono il bambino, la ragazza dai capelli rossi, il cane e la giostra della copertina dell'album, che fino a qui era strumentale. Ecco invece le prime parole che arrivano: “Don't feed my phobia. Don't look at me, don't look at me again”. Siamo a metà disco, e la traccia centrale si chiama “Interludio”, ed è per pianoforte e... rumore di una cinepresa. Poi il disco riparte con uno strumentale in odor di Mogwai, “Autunno”, per poi tornare nel synthwave con l'uptempo “Chinatown”, e tornare a battiti rallentati nella distesissima “Il mare e la clessidra”.
Ultimo video per la penultima canzone: “Fuoco fatuo” è una serie di diapositive di viaggi, proiettate come si faceva trent'anni fa, e vengono fatte scorrere in sincronia con l'arpeggio di chitarra che caratterizza tutto il brano, in tonalità minore e sotterraneamente ansioso. Fa venire un po' le riflessioni che suscita “Koyaanisqatsi” (anvedi che flexo anch'io), quel documentario muto dell'82, fatto di sequenze di paesaggi naturali affiancate all'impatto dell'uomo sulla Terra.
Le riflessioni sulla vita, l'universo e tutto quanto, portano spesso a concludere che il tempo sia ciclico, che la fine in realtà sia un nuovo inizio e che dunque da questa giostra eterna non si riesca mai a scendere. Forse è per questo, che Il Rumore del Bianco chiude “Allegro, ma non troppo” con un pezzo chiamato “La quinta stagione”, un desiderio di trovare il punto di rottura nel ciclo di quattro stagioni del tempo terrestre. Dunque si conclude in un classico post rock, senza quegli sprazzi wave che compaiono qua e là nell'LP.
“Allegro, ma non troppo” è un'esperienza audiovisiva che piacerà a chi ama gli Explosions In The Sky, Godspeed! You Black Emperor eccetera. Una bella occasione per stendere i nervi ed osservare la pioggia, come sto facendo in questo momento (08 settembre 2024, Abano Terme). (Gilberto Ongaro)