recensioni dischi
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TRAVIS  "L.A. times"
   (2024 )

Tanto peggio per voi se non avete fatto le vacanze, se per voi anche i tre giorni risicati in macchina con gli amici per campeggi e b&b sono ormai un ricordo da mettere in archivio fino alla prossima occasione. Perché questo dei Travis è, nei suoi momenti migliori, il perfetto disco on the road degli anni Venti, da cantare insieme a voce alta, da casello a casello.

Ascoltare per credere in questo manipolo di dieci brani, ad esempio "L.A Times", "Hope that you spontaneously combust" e "Home". Non esagerato ma nel complesso ammaliante. Sincopato quanto basta per macinare chilometri - sì, anche se durante le sudate ferie siete in treno o in barca ovviamente, ma anche se state su e giù in ascensore nella vostra palazzina di uffici vuota o fermi a testa in giù in un armadio.

Un disco da viaggio, che ha il ritmo pulsante della vita urbana ma anche lo sguardo malinconico della periferia come sintetizza efficacemente la copertina con foto d'autore che ritrae i nostri quattro in mezzo alla strada, come dire in mezzo a un guado, in transito, in itinere. E qui iniziano le dolenti note.

Tutto azzeccato, tutto al posto giusto, per carità. Ballate come "Naked in New York city" valgono il prezzo del biglietto. Però peccato, perché talvolta il disco si lascia andare a inutili cimenti. Di Radiohead e dei loro stentati cloni ce ne sono già a camionate, e non avrebbe stonato in questo disco che occhieggia al passato come al presente, al passato della stessa band ma anche al mito Beatles, un po' di devianza, un po' di coraggio nell'andare oltre gli steccati, a costo di incrinare la solidità della band.

E non basta aver reso disponibile il disco anche in una confezione deluxe in edizione limitata, con una versione più essenziale - fa sapere il comunicato ufficiale - registrata tra il salotto di Dougie Payne a Glasgow e il salotto di Fran Healy a Los Angeles. Certo è raro imbattersi in produttori come Brian Eno che ha fatto la fortuna artistica di U2 e Talking Head.

Sarebbe chiedere troppo a una band in voga da trent'anni? Spiacente per l'implacabile giudizio, ma già da troppo tempo si dice in giro che il rock è morto, mentre è in perfetta salute se sa rigenerarsi con salutari scossoni. Come quello che peraltro dà anche al più tignoso degli ascoltatori una canzone guida come ''Gaslight'', giustamente scelta come singolo a traino del disco e osannabile come il brano migliore, riassuntivo (e cantabile anche sotto la doccia) del disco che contribuisce non poco a sollevare il voto finale fino a un 8 pienamente meritato, sommate tutte le evidenze del caso che abbiamo sottomano da analizzare.

Travis, siete al decimo disco. Altri così e arriverete al ventesimo in scioltezza senza essere la copia sbiadita di voi stessi come rischiano di fare band come i Pearl Jam, e soprattutto senza sciogliervi. (Lorenzo Morandotti)