recensioni dischi
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DARIO MUCI  "Talassa"
   (2024 )

Otto anni per otto canzoni: si può dire che in media, il lavoro di una di queste canzoni sia durato un anno. Esce così “Talassa”, per Zero Nove Nove Records, il primo disco di inediti di Dario Muci, musicista e ricercatore che però è già attivo da 25 anni, e ha già pubblicato brani tradizionali, come in “Barberia e canti del Salento vol. 1 e 2”, a cura dello stesso Muci e Antonio Calsolaro.

Muci firma le musiche e diversi testi di queste canzoni assieme a molti altri nomi, segno di una consolidata prassi collaborativa; due testi sono di Rocco Cataldo (1927-2004), poeta dialettale salentino le cui parole sono ancora attuali, quelle di “A li furisi”, dedicata a la gente “nata pe' zappare”, e “Moi ca nc'”, dove siamo invitati a fare il “pieno all'anima de luce”. In quest'ultima, possiamo ascoltare un assolo di ciaramella irachena, uno strumento a fiato.

Il disco è ricco di strumenti etnici. Le sonorità world accompagnano parole di denuncia e protesta. “Ommuammare” è un brano atmosferico e meditativo sui migranti abbandonati al proprio destino nel Mediterraneo: “Non si lassa l'ommuammare”. Sopra suoni dilatati brilla l'oud, e il mood della canzone ricorda quello dell'irripetibile “Sidún” di De André. Gli ultimi vengono ricordati più volte, come in “Mohammed”, con ospite Raphael Gualazzi al pianoforte, dove si racconta la storia vera di Abdullah Mohammed, morto in provincia di Lecce sotto il sole cocente mentre raccoglieva pomodori, nel 2015; purtroppo possiamo dire, pensando a Satnam Singh a Latina, che questa realtà è ancora dura a invecchiare.

Muci sottolinea: “La cunuscemu 'sta storia, parché semu meridionali”. In verità, anche qui al nordest, da dove scrivo io, si scoprono più volte realtà di caporalato e/o di sfruttamento, nei campi come nelle fabbriche: nessuno si senta assolto. Non me la dimentico, quella italianissima donna col braccio incastrato in un macchinario, che mentre veniva portata in Pronto Soccorso è stata rincorsa in auto dal parón, per chiederle di dire che era caduta da sola... Era il 2014, io stavo dall'altro lato del reparto in condizioni che, l'avrei scoperto successivamente, erano tossiche per i polmoni. E mi era andata bene, perché prendevo 3,75€ l'ora... non 1,40€ a quintale!

1,40€ a quintale è l'assurda paga dei “Sciurnatieri”, braccianti a giornata, raccontati nell'omonimo brano, dove soprattutto stranieri vengono costretti a queste condizioni disumane. L'arrangiamento del brano è particolarmente ricco, con arpeggi di mandolini, e armonizzazioni di tuba, eufonio e tromba. Dario Muci non dimentica anche le cause peculiari della Puglia, come quella raccontata in San Basilio, o meglio, “Sant'Asili”, con ospiti Treble (Sud Sound System) e Rocky G. Vox. La canzone in levare, in stile dub, non lascia spazio a interpretazioni ermetiche: “Questa terra nostra no' se tocca, terra di contadini e pescatori, no ti pinsati 'ca sta gente scappa, 'nanzi le vostre sporche operazioni (…) lo stato fa la guerra ai cittadini”.

Il brano si fa portavoce della lotta contro i gasdotti nel mare, mentre la conclusiva “Ulivi”, dove Muci canta à la Battiato, contempla la bellezza degli alberi, nonostante siano colpiti dalla Xylella: “Anche adesso al tramonto, sono belli gli ulivi, con il sole alle spalle che gli trapassa i rami, come coltelli di luce, non sembrano neanche secche le ultime foglie, aggrappate in cima, ma screziate di un fuoco sacro”. Testo di Giuseppe Semeraro.

Un po' di calma e d'amore ci sono concessi nella titletrack, “Talassa”, dedicata al mare che abbiamo dentro, ed è cantata in grico, antica lingua neogreca, parlata ad Otranto e in generale nel Salento. Il canto è accompagnato da un “chitarrino”, violoncello e flauto traverso, oltre che basso e batteria. Ai cori femminili è presente anche Enza Pagliara, a sua volta cantante e ricercatrice. Questo è “Talassa”: un canto degli ultimi, nella classica cornice world music, riportata alla sua funzione originaria. E la lotta continua. (Gilberto Ongaro)