recensioni dischi
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LANDLESS  "Lúireach"
   (2024 )

In Lúireach i Landless propongono un approfondito e ambizioso discorso riguardante le armonie vocali storicizzando la questione ed esplorando ciò attraverso ballate di secoli fa e brani folk composti di recente. Il risultato è apprezzabile e a tratti entusiasmante.

Il quartetto irlandese Landless ritorna a sei anni di distanza dall’acclamato debutto Bleaching Bones con un nuovo progetto e, come per quel disco, in sede di produzione c’è John “Spud” Murphy. Con Lúireach, uscito per Glitterbeat Records, i Landless riaprono il discorso lasciato socchiuso con l’ottimo album d’esordio, nel quale il folk magico e ipnotico del loro paese si propagava in brani in grado di disegnare panorami sonori e visivi cinematografici e ambientali con una spontaneità e con una leggerezza straordinarie. Insieme sin dal 2013, il quartetto vocale dei Landless dà vita a un altro lavoro di notevole qualità, dieci brani carichi di emozione e contraddistinti da performance di valore eccelso.

Malinconia e dolcezza sono probabilmente le sensazioni più evidenti che si provano ascoltando le voci armoniose e “antiche” dei Landless: i loro timbri sembrano trasportarci in un’epoca lontanissima, nel mondo di quelle ballads anglosassoni che sono alla base di quasi tutto il cantautorato folk, in un magico regno di passioni e di speranze, di battaglie e di amori così lontano da – eppure così simile a – noi. Che si tratti delle melodiose altalene di “The Grey Selkie of Sule Skerry” o dell’avvolgente e ipnotica “My Lagan Love”, due degli episodi più straordinari del disco, che ci si trovi di fronte ad altri momenti eccellenti come sono il lamento cinereo di “Blackwaterside” o l’affascinante “Death and the Lady” o che ci si provi a immergere anima e corpo nelle fresche e brillanti sfumature di “The Wounded Hussar”, del brano di apertura “The Newry Highwayman” o di quello di chiusura “Ej Husári”, tutto in Lúireach suona sincero e ricco di pathos.

Le fonti e i momenti di creazione del disco sono molteplici: se “Lùireach Bhrlde” è un brano scritto per gli RTÉ Folk Awards del 2018 e “Ej Husar” è stata imparata dall’insegnante e cantante Eva Brunovská durante un festival tradizionale slovacco, molti pezzi sono tradizionali molto noti anche a un ascoltatore meno attento o appassionato. La scelta delle composizioni da inserire nel progetto e le performance dirette, minimaliste e al tempo stesso curate fino al dettaglio più piccolo dei brani rendono il disco un’opera fascinosa e di indiscutibile bellezza. (Samuele Conficoni)