ATTILIO PISARRI "Thelktéria"
(2024 )
Se il mare nostrum ha un suono, eccolo. Se le sirene potessero avere un microfono, eccone le voci.
La metamorfosi genera il canto, scrive il poeta Biagio Marin. Ed ecco che all'insegna del dialogo tra jazz e classica si situa questo lavoro che esce per Ipogeo Classic, è il "Quartetto n. 1" di Attilio Pisarri intitolato "Thelktéria" in 13 movimenti, per chitarra, viola, voce e violoncello. Il titolo ci induce a riaprire i libri del liceo, quell'Odissea omerica dove il termine “Thelktéria” - “cose magiche”, “giochi d’incanto” si trova al verso 337 del primo libro.
E come un cantore omerico, si muove tra suoni e voci questo quartetto ispirato proprio al poeta non vedente ma veggente, simbolo stesso della classicità e al centro di una vexata quaestio mai risolta come appunto la vertenza omerica che da secoli divide gli studiosi sulla sua identità effettiva. Ma che sia stato un solo poeta o un collettivo come i moderni Wu Ming poco importa, l'eternità della sua eredità è indiscussa e come si vede nutre anche la musica.
Delle note che si producevano all'epoca dell'antica Grecia poco rimane se non frammenti (considerando che molta della poesia scritta era accompagnata dalla musica), è ancora un riferimento l'album del 1978 di Gregorio Paniagua di cui ci sono anche versioni audiophile costose e ricercate dai collezionisti.
Qui l'operazione è meno filologica (sarebbe peraltro impossibile ottenere il vero suono dei greci dell'età omerica) e più viscerale, sottile e ambiziosa, ossia si vuole andare alle radici del mito ma per guardare all'oggi e al futuro senza tradire la tradizione e il passato, sottolineando quanto sia tuttora viva e potente nel nostro DNA culturale non solo per quanto pertiene all'occidente ma all'intero pianeta.
Da tempo Attilio Pisarri medita sull'Odissea, fin dai primi brani per il reading-spettacolo dedicato all’Odissea di Nikos Kazantzakis. Come recita il comunicato stampa del disco di cui parliamo, “Thelktéria” "evoca le scene e i temi più importanti dell’Odissea, senza l’uso della parola, in un dialogo costante tra i suoni della classicità e della modernità, che si svolge tra architetture ritmiche, distese armoniche e intrecci melodici senza confini, come il lungo viaggio di Odisseo".
All'ascoltatore - sia egli colto o alle prime armi non importa - il compito di situare in un contesto di riferimenti che possa permettergli di comprendere al meglio, senza imbrigliarla, questa corposa narrazione sonora. Dove si parla, per suggestioni e campiture sonore e fonetiche proprie più del sogno e della contemplazione che del teatro, di viaggi per mare, ma anche di illusioni, tranelli, menzogne, nostalgie e ritorni, case da trovare e abbandonare, orizzonti da esplorare, luoghi che sono rifugio ma anche ricettacoli di mistero, presenze superne ed infere.
Un disco che fa venire voglia di iscriversi al liceo classico, anche solo come uditori. Un plauso alla registrazione, con toni medioalti in leggera evidenza e comunque molto curata come era necessario per un simile prodotto figlio di una ricerca sperimentale così intensa. Voto 8. (Lorenzo Morandotti)