recensioni dischi
   torna all'elenco


BARCELONA GIPSY BALKAN ORCHESTRA  "7"
   (2024 )

Allora, questa comincia così: ci sono un’italiana, un francese, un serbo e quattro spagnoli, dei quali due sono catalani e uno è basco (ché da quelle parti ci tengono).

Agli esordi si chiamavano Barcelona Gipsy Klezmer Orchestra, dal 2015 hanno cambiato ragione sociale in Barcelona Gipsy balKan Orchestra, conservando come acronimo BGKO; sono un collettivo giramondo, attualmente formato da sette elementi, con la voce femminile di Margherita Abita – siciliana - a stagliarsi prepotente ed incisiva su un ribollente mare magnum di musica gitana, triste e agitata come si conviene.

Balcanica, appunto. Elio merita tutto il rispetto del mondo ed ogni mia risata, ma circa la sua opinione sulla musica balcanica, dissento in toto.

Anzi, il balkan folk andrebbe assunto smodatamente in grande quantità, perché fa bene all’umore, assecondando una serie infinita di stati d’animo: mette tristezza o allegria, a seconda di ciò che in quel frangente ti va di provare, segue il tuo mood – o forse lo precede – e ti concede ogni possibilità di cui hai bisogno. Gli ingredienti, alla fine, sono sempre gli stessi, ça va sans dire: e va bene, va bene così. E’ etnica & pathos, ha ritmo, passione, febbrile movimento e frenesia contagiosa; parla la lingua degli apolidi, al contempo universale ed incomprensibile ai più, una suggestiva babele di suoni capace di evocare luoghi, situazioni, colori e profumi come un trucco di illusionismo.

Dal debutto su disco, datato 2012, fino ad oggi, la BGKO ha vissuto numerosi avvicendamenti nella line-up, senza mai perdere verve, immediatezza, focus sul progetto; pubblicato per Kino Music, “7” è il settimo album in questo fruttuoso percorso, segnato da un’incessante ricerca sonora e da una personale, sincera interpretazione delle molte tradizioni sovranazionali omaggiate. Brani originali e riletture si alternano in quarantaquattro minuti di intensa emotività, dodici tracce sia strumentali, sia proposte in svariati idiomi, a ribadire con urgenza l’inessenzialità di confini o convenzioni.

Tre gli episodi in lingua serba (almeno credo, come per le altre citate a seguire: se sbaglio, mi corrigerete): la tziganata contagiosa di “Ciganski Rastanak”, il rallentamento struggente di “More Sokol Pie”, la marcetta irresistibile di “Tisom Tiše”; ma ci sono anche il rumeno del trascinante singolo “Ciòr Baro”, il bulgaro di una sorniona “Uzni Ne Sevdo”, il dialetto siculo a tempo di valzer di “Cu Ti Lu Dissi”, ognuna col suo viaggio, ognuno diverso. E ancora: le suggestioni arabeggianti di “Midnight Lamp” e “Fun Tashlach”, la polka indemoniata di “Ajvarsko Kolce”, le inflessioni così deliziosamente mediterranee di “Nebesko Horo”, la ninna nanna tradizionale in ebraico di “Numi numi”, commiato gentile e morbido che scalda il cuore, lasciandosi alle spalle una scia di luce sfavillante ed un gran senso di pace. (Manuel Maverna)