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MIXOTRI  "Vorrei bastasse tutto questo"
   (2024 )

Nuovo album per i Mixotri, uscito per Overdub Records, “Vorrei bastasse tutto questo” fa ascoltare il loro energico alternative rock unito a testi agitati e che parlano di isolamento, come nel brano dalle venature grunge che apre l'album, “È tutto inverno”: “È già un successo parlare, colpa della radio, colpa del pianeta (…) esperta rassegnata”. Più si studiano le cause dei problemi nella realtà, più sembra di non capirci nulla, tante sono le complessità.

“Non ti piace questo posto che ti piace” sembra scherzare sull'eterna insoddisfazione. I primi ritornelli dicono: “Non ti piace questo posto che ti piace”, ma l'ultimo si ribalta: “Mi piace questo posto che non ti piace”. E intanto la band ci pettina.

Le parole non si placano neppure quando il suono si alleggerisce un po', come nel 6/8 acustico “Le luci”: “Leggi Freud o Montale, pensi a come non annegare. Avventure, crisi strane, bambini che hanno fame (…) Hai mai pensato di rubare dei vestiti, camminare, guardarti contento? Ora sono io, me lo sento”. Questo mi ricorda quanto detto da Jonathan Zenti, nel suo podcast “Totale”, nella puntata dedicata agli adolescenti di oggi e di quindici anni fa, agli albori della crisi del 2008. I ricchi diventano più ricchi, e i poveri più poveri, mentre tutto costa di più. La mancanza generale di denaro ha fatto aumentare i reati di furto e le violenze tra giovanissimi. Chissà in quanti che non hanno commesso alcun reato, hanno pensato almeno una volta di rubare dei vestiti...

“Levante” aggiunge un inserto elettronico sci-fi nel brano rock sincopato, mentre la voce parla francamente di pulsioni: “Analizziamo volti, abitudini nella mia testa oggi, ti vorrei scopare. Qualche frase detta a caso nel gesticolare, ci raccontiamo niente, siamo pronti a tramontare”.

In “Elvis” prosegue l'inquietudine, con versi suggestivi: “Chiamate un dottore, non ne esco più, mi basta inventare qualcosa di vero, di diverso da me (…) Profondo blu in orbita”. La voce compressa all'inizio di “Vivien” rende difficoltosa la comprensione delle parole, ma dev'essere una scelta, quella del non essere del tutto chiari. Anche l'effetto finale distorce la voce, rendendola un'onda quasi liquida, ma percepisco dell'amaro sarcasmo: “Affoghi per essere amata, soffri il tuo splendore”. Forse si riferisce a Vivien Leigh, l'attrice divenuta iconica nel ruolo di Rossella O'Hara in “Via col vento”, che soffriva di disturbo bipolare.

Citando il mito greco, “Cassiopea”, la voce canta salendo in falsetto, mentre la band si cimenta in certi break parecchio forti. Verso la fine, il brano si ferma e riparte più lentamente, in un ritmo trascinato. “Vorrei bastasse tutto questo” viene concluso da “Non so chi sono” che sancisce la direzione inquieta e riflessiva dei testi: “Hanno tutti bisogno di me, come hanno bisogno degli altri. Ad ogni passo lo scopro perché sarò io a rinnegarvi (…) Non so chi sono, numeri, finzione (…) elementari medie superiori, e sono convinto già, una carriera al decollo, ma in ritardo da molto tempo fa”. È la nostra condizione generazionale, fra! (Non scrivo “bro” perché ho 36 anni, cribbio!)

L'album è intervallato da due brevi momenti recitati senza musica: “Uscita” e “Entrata”. Nel primo, una presenza ultraterrena compare in strada: “Ierofania sulla tangenziale ovest. L'uscita 17b risulta la più illuminata. Destinazione, dove muore il sole. Il riflesso lunare sull'asfalto bagnato, rende tutto dannatamente sacro”. Il secondo invece recita così: “La notte si allunga come ombre di gelato, sotto lampioni di opale scavati verso l'alto, in profondità come miniere, fino al fondo del non so dove tutto quanto finirà. Cerea luce su marmo bianco”.

Questi due interventi parlati, segnalano la ricerca, forse ironica forse disperata, di un aiuto divino, o comunque di un'ispirazione spirituale, che aiuti a sostenere il peso di una vita senza orientamento, o come cantavano i Timoria per la gen X, “senza vento”! (Gilberto Ongaro)