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PETRIGNO  "La lingua del santo"
   (2024 )

Il 26 Aprile scorso è uscito il nuovo album di Petrigno, composto da 8 brani, dal titolo “La lingua del Santo”. Cantautore, polistrumentista, illustratore originario di Palermo, Petrigno rigetta il malessere lancinante per la perdita del suo più caro amico, attraverso la musica.

Ecco che “La lingua del Santo” diventa lo sfogo di un’apocalisse interiore, un viaggio attraverso emozioni profonde e tormentate. L’amore e odio sono il filo conduttore di un'opera che esplora la complessità dell'animo umano attraverso influenze musicali fuse in un mosaico di suoni e parole che emozionano intensamente. La canzone raggiunge la sua massima espressione, attraverso la poesia, l’elettronica e il noise.

Non manca nemmeno il blues, ma ciò che caratterizza tutto l’album è la spettacolarità del suono grezzo, raffinato, ribelle e grintoso che ci inonda di altissima energia.

Il primo estratto “Nella folla” racconta di come la ricerca di appartenenza e di felicità superficiale possa portare a un deterioramento emotivo e psicologico più profondo, mascherato da momenti di supposta gioia con conseguenze devastanti sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere generale. La chitarra distorta sottolinea il malessere interiore.

“Il mare” è un brano molto cupo, arido e tetro. Un’apocalisse preannunciata attraverso la melodia della chitarra e poi dei synth. In “Domani partirò” Petrigno ci mette invece davanti ad un quesito: lasciare un luogo per andare dove, se tutto il male sta dentro di noi? Batteria, chitarra elettrica e un blues prorompente come forma di espressione musicale che va oltre il semplice suono e le tecniche strumentali, trasmettono un'emozione cruda e potente che colpisce profondamente l'ascoltatore.

Il brano che mi ha colpito maggiormente è “Il Bosco”. Introspettivo, intimo, un sogno distorto. Petrigno prende per mano l’ascoltatore per portarlo a fare una passeggiata a conoscere tutti i suoi demoni interiori. La chitarra acustica e tanta elettronica si fondono perfettamente con la voce.

“Tu lo sai” è puro dolore. Voce e pianoforte per il brano di chiusura che sembra proprio un messaggio scritto, chiuso in una bottiglia, e spedito nel mare della tristezza. Con l’album “La lingua del Santo”, Petrigno ci fa partecipe del proprio dolore personale ma anche della voglia di trasformarlo in arte e di trovare una forma di consolazione attraverso l'espressione creativa. È un modo di onorare la memoria di chi è stato amato e perso, rendendo tangibile il processo di elaborazione del lutto attraverso la musica.

Durante l’ascolto si rievocano superclassici come Nick Cave o i Depeche Mode più oscuri, ma anche i Soulsavers. Nella conclusiva “Tu lo sai”, si possono ritrovare similitudini al cantautorato di Tenco. Mentre nei suoni grezzi, distorti e percussioni potenti, il toscano Motta. “La lingua del Santo”: emotivamente complicato, meravigliosamente bello. (Tatiana Lucarini)