ANDREA RICCIO "Artic_akt"
(2024 )
“Non è che cosa, ma come lo si fa”, cantava qualcuno. Il pianista Andrea Riccio così debutta con l'album “Artic_Akt”, un titolo che è un programma. Il virtuosismo, capacità di base per esibire il repertorio scelto, si accompagna a una precisa scelta estetica personale, che come suggerisce il titolo, è algida, gelida.
Riccio esegue dapprima i dodici pezzi di “Douze Images, en cortes préludes”, composti nel 1922 dalla compositrice francese Annette Dieudonné (1896-1990), per poi passare alla “Kreisleriana op.16” di Schumann, e chiude l'album con “By this river” di Brian Eno, della quale suona anche la melodia che Eno canta. Come per quest'ultimo, anche la ricerca di Andrea Riccio è molto attenta al suono. La differenza non sta nelle note, ma nell'esecuzione. Anche solo modificare legati e staccati, cambia la percezione di un brano. Prendiamo ad esempio, la versione della “Kreisleriana” di Vladimir Horowitz del 1969. Il cambio estetico si nota soprattutto in “Sehr lebhaft”.
E in “Sehr rasch”, il pianista sembra quasi un robot, tanta è la pulizia di ogni singola nota. La direzione di Andrea Riccio va agli antipodi di quella di Lang Lang, che a parità di bravura, al contrario accentua il carattere emotivo delle composizioni. Sul canale YouTube del pianista italiano, si può sentire il suo tocco particolare anche nell'eseguire “Étude no.11, Pour les arpèges composes” di Debussy.
Far questo, per una composizione cardine del periodo romantico come la “Kreisleriana op. 16”, le dà un tocco distaccato, pienamente novecentesco e postmoderno. Gli ottocentisti più puri potrebbero alzare il ditino inquisitore, ma lasciamoli tra la polvere. L'espressività glaciale di Riccio trova casa confortevole, nell'interpretazione dei preludi brevi di Dieudonné, che valorizza bene le dissonanze di “La Vieille Voiture”. Da notare che questi brevi preludi, sono letteralmente brevi: ogni parte dura 22, 35, 43 secondi, la più lunga arriva a 1'51”. Ma sono piccoli racconti compiuti, aneddoti molto caratterizzati, e un plauso va ad Andrea Riccio anche per la scelta di averli riportati alla luce. (Gilberto Ongaro)