recensioni dischi
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GILBERTO E I COMPLICI  "Gilberto e i Complici"
   (2024 )

La canzone italiana è in crisi? Polemica forse inutile ma ci sono dei fatti incontrovertibili. Non è solo Sanremo e per fortuna non è solo la caccia ai nuovi talenti, pilotata da forze più o meno occulte, che partorisce magri e deboli e poco longevi topolini.

Il panorama indipendente è ricco di spunti e sollecitazioni, e offre come in questo assolutamente rimarchevole caso un messaggio sonoro che è anche un seducente e corroborante massaggio per anima e cuore. Stiamo parlando del nuovo disco – è già il decimo, mannaggia come corre il tempo quando si è prolifici – del talentuoso Gilberto Ongaro, un sapido e sapiente e saporoso cocktail che mescola con intelligenza e leggerezza calviniana i semi di tanti recinti diversi e li regola e organizza e pasce con allegria.

Si va dal pop al rock, si pesca senza remore e senza reticenze nel bacino della lirica (vivaddio, siamo o no la patria del pianoforte e del belcanto? siamone orsù consapevolmente degni!), si occhieggia al rap e al folk e al funk. Era dai tempi dei primi Elio & Storie Tese che non ci si abbandonava di gusto a un po’ di sana goliardia sonora, e questo lo dobbiamo all’attuale forma che prende Gilberto nel suo non breve cammino musicale, ossia la band “Gilberto e i Complici”.

Gioco nel gioco, il disco viene presentato come un cimento ludico in scatola, le cui istruzioni sono raccontate nel brano d'apertura, che si chiama per l'appunto ''Istruzioni". Basti questo a dire quanta artigianalità sana e curiosa del mondo, non rintanata nel proprio ombelico come spesso capita, ci stia dietro questo lavoro che salutiamo come una delle novità eclatanti dell’anno e a pieno titolo si candida nell’ideale top ten del vostro affezionatissimo.

Un lavoro che è già il preludio a una ambiziosa opera rock, "1527 - Roma è sicura", che debutterà il 21 marzo 2025 al Piccolo Teatro di Padova. Un lavoro intrinsecamente e gioiosamente teatrale, rossiniano per il divertimento che procura e da cui nasce, e teatrale anche nel modo di porsi al mondo, di andare picciol legno per il vasto mare della rete e degli ascolti con poche centellinate copie a chilometro zero come ogni sana filiera autonoma che si rispetti.

Un disco da suonare a squarciagola per irritare gli irretiti passanti, e anche sotto la doccia per far tremare i coinquilini. E non pensiate che sia solo un aggregato di bizzarrie fuori di testa. Ci sono in questo cocktail burlone e scanzonato - e quindi molto serio, e da prendere con la dovuta serietà, più serio di qualsiasi realtà - canzoni ispirate nientemeno che al fisico Carlo Rovelli e ai suoi libri di successo editi da Adelphi come “Quanti di spazio” (e il fisico ricambia in un imminente video che accompagnerà il cammino del disco). E c’è nientemeno che un riferimento ai “Fosfeni” di Andrea Zanzotto, che non esito a definire il massimo poeta italiano del secondo Novecento.

Bravi tutti e un plauso alle voci di Laura Presazzi e Alessia Toffoli, sirene incantatrici in un mare di suoni indimenticabili. Insomma, siamo di fronte a un tessuto di ballate del tutto originale e distante dalla melassa sonora che ha ormai trito e ritrito la pazienza anche dei più indulgenti. Qui siamo in un mondo che ha come parenti stretti, lari penati o numi tutelari personalità come Battiato e Frank Zappa. Qui c’è il precipitato di una ricerca che è anzitutto mai doma e mai ferma, ironica e autoironica, che è fatta di passione e piacere del fare musica, del non accontentarsi.

La banalità è bandita, il frutto è maturo quanto basta per nutrire, dissetare senza stancare e senza risultare indigesto o eccessivo per il gusto di sconvolgere i borghesi, come usava dire un tempo. Qui c’è tanto da condividere con gli amici, e anche con i nemici per non renderli più tali. Una musica che infonde sorriso, letizia e diciamolo pure benessere, voglia di rivalsa e rivincita, da ascoltare per giusto e sacrosanto contrappasso, in un lunedì piovoso di ritorno al lavoro dopo due settimane di ferie, da mettere nel lettore laddove attorno è tutto pecunia, noia, guerra e risentimento.

Voto 9, e chi se li perde dal vivo avrà da pentirsene, anche se si reincarnerà in una forma di vita inferiore. (Lorenzo Morandotti)