FARABUTT! "Tutta questa calma..."
(2024 )
Il disco si presenta variegato, stilisticamente, e direi che la chiave di lettura e il punto di riuscita di "Tutta questa calma...", ma anche caratteristica identificativa del gruppo stesso, sia la cosa più semplice del mondo, che però è anche quella non facilmente raggiungibile: essere riusciti a trovare un equilibrio e quindi una identità a sé stante.
Sto parlando del primo album della band ferrarese FARABUTT!, anticipato dal singolo “Terrapiattisti”, distribuito e promosso da {R)esjsto.
Perché parlo di equilibrio? Perché ascoltando il disco e le sfumature stilistiche percepite e leggendo le info accluse, scopriamo che i componenti non sono tre o quattro bensì sei e quasi tutti proveniente da esperienze e generi diversi fra loro.
Come dice infatti il flyer descrittivo che accompagna il gruppo, “qualcuno suonava hard core con gli H-strycnine, qualche altro si è divertito con il reggae e rocksteady nei Cookoomackastick, c'è chi ha portato in giro il rock and roll con i Let's Get Lost e con i Dubby Dub, chi ha incarnato il metal in svariati progetti musicali e chi si è diplomato in musica elettronica al conservatorio mentre suonava la tromba nella banda di paese”.
Secondo me anche la scelta della nostra lingua, nell’ambito del genere complessivo definibile come rock, comporta uno spostamento dell’asticella verso la creazione di una propria identità musicale: che piaccia o no alla fine questo è il nodo fondamentale.
L’essere riconoscibili creerà sempre un vantaggio sugli altri competitori. Ora non sto dicendo che nel nostro caso di specie siamo davanti ad un miracolo paragonabile alla celebre scoperta dell’acqua calda, a mio gusto qualche sforzo in più a livello di scelta lessicale probabilmente l’avrei fatta, in modo di essere più attento alla metrica. Però trovare in un pezzo punk come ''Stiamo tutti bene'' chitarre mega distorte, tromba, synth, samples di canzoni e condanna alla mediocrità perché la stessa “si replica”, il tutto inserito là con molta naturalezza, è davvero piacevole. Specie se l’obbiettivo è dare l’esempio e “farle diventare canzoni da cantare a squarciagola in macchina mentre si è in coda prima di andare al lavoro: convincendosi per un attimo di essere ancora quel giovane farabutto che voleva bruciare il mondo con, davanti a lui, gli attimj migliori di sempre”, come recitano in “Vecchio”.
Alternativi in “Ansia”, ancora punk in “Ammut” con un superbasso distorto, grande come un’autostrada, “Necessaria” mi fa sfrecciare nella testa i Subsonica ed a tratti i Bluevertigo, “Semplice” a dispetto del titolo è la più totale forse dei loro brani, la loro summa. FARABUTT! se non li conoscete, cercateli. (Johan De Pergy)