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GERMANO ZENGA  "Gato! (an evolving idea)"
   (2024 )

Gato! (An Evolving Idea) è il nuovo e ambizioso progetto solista di Germano Zenga, sassofonista tenore milanese che qui come in alcuni lavori pubblicati a suo nome in passato si muove con sapienza e leggerezza all’interno di un quartetto affiatato e versatile. Il risultato è un disco affascinante e trascinante messo a punto in due anni abbondanti di concerti e che vuole essere anche un tributo a Leandro “Gato” Barbieri, maestro argentino del jazz, nonché una rielaborazione riflessiva e profonda di tutte le esperienze musicali che Zenga ha attraversato nella sua già lunga carriera.

In Gato Germano Zenga non pone limiti al proprio sassofono e alla propria idea metamorfica e liquida di jazz. Nonostante la sua intensa attività artistica, Zenga ha pubblicato pochi album come artista leader. In questi progetti il quartetto sembra essere la formazione che predilige. Il suo sax si trova perfettamente a suo agio in questa dimensione, qui affiancato da percussioni precise e incalzanti e basso e flauto particolarmente incisivi e dinamici. Ad affiancare Zenga sono gli esperti e tra loro affiatati Luca Gusella, Danilo Gallo e Ferdinando Faraò. Non manca, inoltre, l’ospite speciale, Enrico Rava, che suona il flicorno in alcune composizioni.

L’affiatamento dei musicisti e la direzione che Zenga fa imboccare ai brani rendono Gato un lavoro emozionante e vibrante dall’inizio alla fine. La ciondolante e levigata “Merceditas”, che apre il disco, indica la strada da percorrere: un andamento ramingo e un’atmosfera cosmica compongono le sfumature di un pezzo che sa contenere in sé tradizione e innovazione, giocando su raffinati e mai banali equilibri e dissonanze. Anche un brano come “Sombra de Gato”, al pari di parecchi altri nel disco, si muove in questa stessa dimensione, dove sperimentazione e riferimenti al passato si inseguono e si tallonano a vicenda, tra nuances che rimandano a Thelonious Monk e a Charles Mingus e battiti e ritmiche che quasi si parcellizzano verso una sorta di avanguardia intorpidita.

Le composizioni sono riuscite e ambiziose. I musicisti amano sfidare i loro stessi limiti, cercando di sfondare i recinti che le singole declinazioni dei sottogeneri del jazz talvolta impongono o giocando a fondere tipologie e cadenze tra loro differenti, sapendo anche incrociare più fonti d’ispirazione e idee. Gli splendidi affreschi che dipingono pezzi lunghi e articolati come “Tupac Amaru”, anarchica e selvaggia nelle sue meravigliose geometrie, o il seducente e malinconico “Lost Tango”, canto d’amore che sembra provenire da un’altra epoca, lo dimostrano con efficacia e con sincerità. Gato! si prende tutti i rischi che un progetto di questo tipo deve saper affrontare, e riesce a vincerli con tenacia e con coraggio. (Samuele Conficoni)