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BRAZEN  "Distance"
   (2024 )

Mai perdere la speranza, recita un consiglio popolare. Ed è vero.

Chi dava ormai eclissata per sempre la band svizzera dei Brazen, li vede invece riapparire ora sulla scena, dopo ben 18 (!) anni, col quarto lavoro “Distance”: un titolo molto emblematico che testimonia il loro lungo e “mascherato” silenzio.

Un’opera di 8 brani che ha richiesto circa dieci anni di lavorazione tra Londra e Ginevra, la cui formula non è altro che la summa di una ricerca sonora partita, in origine, con un emo/post-core passando per l’indie-rock con venature prog. Oggi, il quartetto elvetico predilige volturare lo stilismo verso ampiezze sonore epiche e sontuose, con una scrittura fine e performante.

Si parte con “Trialog”, in chiave decisamente rock con brevi incursioni nel prog, ma i ragazzi cambiano presto identità calando l’asse melodico fluidificante sia in “Storms in the far” che in “Running”: quest’ultima leggermente più nervosetta e spigliata.

Tornano echi sonori massicci nell’inebriante “Let you down”, come se i Pavement innestassero la quarta per sfrecciare sull’autostrada e, visto che delle tragedie immani di immigrati morti non se ne parla mai abbastanza, pensano bene di rimarcare l’urgenza con lo splendido singolo “Arms in the sea”.

Dopo la sentimental-ballad “Holocene dies”, strizzano l’occhio ai Franz Ferdinand con la saltellante “Hey man”, per poi concludere con l’ardente piglio rockeggiante di “Bizzarre tragic hollow times”, che fila via come un cavallo imbizzarrito.

Finalmente, con “Distance”, i Brazen han rotto il silenzio, e questo è un disco di classe, epico, con soluzioni eccellenti di vario genere, che dimostra che il lungo spazio intercorso dai tempi di “Aura/Dora” (2006) non solo non ha arrugginito i loro meccanismi ideativi ma li hanno, altresì, oliati per far (ri) girar bene un’ingranaggio sonoro encomiabile e stiloso. (Max Casali)