ANDREA VAN CLEEF & THE BLACK JACK CONSPIRACY "Horse latitudes"
(2024 )
“Horse Latitudes” è il nuovo album di Andrea Van Cleef, idealmente il quarto del suo percorso solista, anche se preziosa è stata la partecipazione dei musicisti della Black Jack Conspiracy.
Per il bresciano, rispetto agli inizi contraddistinti da un suono più muscolare e orientato verso lo stoner, si tratta di un deciso punto di svolta in direzione Americana e southern, con qualche lieve piega oscura che attinge dall’immaginario europeo e in particolare britannico.
Registrato tra Italia e Texas, “Horse Latitudes” è, in definitiva, un’interpretazione del tutto personale di un’idea di folk rock, anche infarcita di fortissime atmosfere ascrivibili alla cinematografia western. Non è un caso che il lotto di brani registrati negli Stati Uniti veda la partecipazione di musicisti locali, un aspetto che rinsalda il legame con certi scenari, ma con la chitarra di Andrea Van Cleef sempre al centro del discorso.
Si parte con “A Horse Named Cain”, la cui progressione ha già tanto di filmico ed esalta l’interpretazione vocale di Andrea Van Cleef, e poco dopo arrivano due momenti particolarmente brillanti come “Love Is Lonely”, col suo country ora luminoso e ora cupo, impreziosito dal duetto con Ottavia Brown, quindi il blues folk di “Come Home”, ma è forse sul finale che gli esperimenti di Van Cleef conoscono il loro apice: “The Disappearing Child” ammicca a tonalità tipicamente Irish, mentre “Real Stranger” flirta con qualche idea funk.
“Horse Latitudes” è un disco dall’epica che affascina e convince sin dai primi minuti, e il cui grado di complessità è maggiore di quanto possa sembrare a un ascolto distratto. Andrea Van Cleef conferma ispirazione e riconoscibilità, ma in tutto questo riesce a non essere mai davvero prevedibile. (Piergiuseppe Lippolis)