LES FANTOMES DU JOUR "Ravages"
(2024 )
Quartetto francese originario di Nantes, Les Fantômes du Jour sono Amine Bousta (voce), Ronan Cloarec (chitarra e tastiere), Bruno Bourrien (basso) e Alexandre Jadi (batteria), tutti provenienti da svariate esperienze precedenti, qui al debutto con le dieci tracce di “Ravages” su label Ajna Management.
Strana creatura, difficilmente etichettabile o ascrivibile ad un preciso filone, la band si muove con disinvoltura tra suggestioni psych, scorie metal ed echi prog, realizzando brani non lineari né immediati, caratterizzati da trucchi e magheggi assortiti, agitati da movenze imprevedibili, scossi da sonorità aggressive dispensate con foga e urgenza.
Imperniato su dinamiche focose e trascinato da continue variazioni ritmiche, cambi di tempo, impennate furiose, l’album si dibatte tra scatti repentini ed inattese oasi di quiete, in una soffocante sarabanda di elettricità satura, ben assecondata da una vocalità cangiante, accomodante o feroce a seconda dell’estro del momento.
Introdotto dalla nebulosa attendista di “Origine”, nella prima parte il lavoro cresce per gradi attorno a strutture aperte e scariche veementi, sospinto da un canto rabbioso e sovraesposto che lievita nella nevrosi di “Jacqueline”, deflagra nella violenza compressa de “L’Échec”, si infila nei rigurgiti post-hardcore à la Oxbow di “Gamins”, raggiunge l’acme nell’ingorgo soffocante di “Madame F”.
Da lì in avanti, le atmosfere divengono rarefatte, il clima generale si sposta da un mood hard ad un post-rock sui generis, elaborato e variegato, capace di spaziare dal muro di distorsioni di “Situations II” – con finale convulso e rabbioso à la Eiffel – alle dilatazioni sospese ed eteree di “Arguments I” e “Arguments III”, passando per le atmosfere convulse di una “Arguments II” che riecheggia i System Of A Down, giù fino alla chiusura di “Gwaien”, epilogo strumentale curiosamente bucolico e pacificato, per tre minuti almeno lontano dai molti demoni in agguato nell’ombra. (Manuel Maverna)