recensioni dischi
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LOVATARAXX  "Sophomore"
   (2024 )

Il duo transalpino dei Lovataraxx era chiamato a dare un seguito all’ottimo “Hèbèphrènie” del 2019 e, conseguentemente, a non deludere le tante aspettative che il pubblico ha incamerato nel quinquennio che è passato per dar vita al nuovo “Sophomore”, 10 brani (8 per la vinyl-version) che ricalcano gli echi di quella musica synth e fanta-horror sound che aleggiava negli anni ’80-’90.

Lo sforzo di dare all’album una matrice più internazionale lo si evince nettamente lasciando fluire impetuosamente le paranoiche “Traumen” e “Zerissen”, con impalcature decisamente letali che si respirano anche nella spigliatezza sintetica di “Harmony Boast”, “Tilda vaast” e “Bruxism”.

Invece, in “Millepertuis” e “Earl condition” si annusa aria da euro-hits, forti di un mood a cavallo tra Depeche Mode, New Order e Ultravox. Invece, la fibrillante “Heidi montauk” traccia solchi sui terreni degli Orchestral Manoeuvres in the Dark (quelli di “Enola gay”) ed i ricordi viaggiano come navicelle disperse nello spazio.

L’asettica “Marybone” completa il viaggio onirico che, prevalentemente, impregna l’atmosfera di “Sophomore”, fluttuando alla grande persino nel congedante e cheto synth-pop di “Mare”. Un mare decisamente in piena, di idee brillanti e suoni miniati a puntino dai Lovataraxx e da Pierrick Monnereau (al mix) per lanciare l’urgenza sul mondo giovanile, stufo di attendere futuri migliori per tracciare la loro strada e bisognosi di più sacrosante certezze.

Un disco colmo di dettagli altruistici, mistici, fortemente attuale e proteso verso la speranza di nuovi passi migliorativi. Per tutti. (Max Casali)