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ENNIO MORRICONE  "Absolutely... Ennio Morricone vol.II"
   (2024 )

Il cinema come forma di rigenerazione spirituale, slancio metafisico per ovviare alla bruttezza del mondo, meditazione filosofica, il cinema come quintessenza della vita, cura omeopatica per il dolore e l'astio e l'indifferenza di oggi. Un cinema che non vive di sole immagini in movimento ma anche di suggestioni sonore.

La palma nel mio personale Gotha di musicisti impegnati a vario titolo in colonne sonore, non ho dubbi, rimane saldamente in mano a Nino Rota. E non sono di quelli che idolatrano fideisticamente il miliardario John Williams, furbo riciclatore di temi altrui e saccheggiatore di repertori, specie dei grandi compositori russi.

Subito sotto Nino Rota, forte anche del fatto che ho avuto il privilegio di ascoltarlo dirigere dal vivo, nel mio palmarès c'è un altro italiano, a riprova che il nostro Paese avrebbe l'onere di tenere alta la bandiera delle sette note fin dai primissimi livelli dell'istruzione, avendo dato i natali a cose da nulla come il pianoforte e il melodramma. Stiamo parlando di Ennio Morricone, pluripremiato e osannato a ragione, che ora viene omaggiato con sensibilità e grazia in un disco che è un compagno di viaggio di elezione per la primavera che sboccia attorno a noi.

"Absolutely... Ennio Morricone Vol. II" è più di un tributo giunto al suo secondo appuntamento: è un viaggio che accompagna anche il più recalcitrante degli ascoltatori nel suo repertorio vasto ed eclettico.

Non ci sono le immagini, ma potete immaginarle o ricrearvi i film che più vi piacciono nella testa. Tra i brani alcune delle opere più acclamate di Morricone, come la "Suite Leone", che racchiude i temi principali dei film di Leone, e l'incantevole "Nuovo Cinema Paradiso". A orchestrare questo viatico sintetico eppure esaustivo e autonomo come corpus di ascolto nel mondo del maestro sono Gilda Buttà (Piano) e Paolo Zampini (Flute) coadiuvati da Luca Pincini (Cello).

A me l'ascolto di questo disco ha fatto venire in mente un appunto di un amico pittore e incisore che è romano ma abita in Svizzera, si chiama Marco Mucha e ve lo trascrivo: "Vedo un docu-film, di Giuseppe Tornatore, su vita e opere di Ennio Moricone. Un bel filmato che mi ispira la seguente considerazione. Ho sempre pensato che la più bella pagina del cinema italiano del ‘900 sia una sequenza di “C’era una volta il west”, il film di Leone. È quando appare in scena la protagonista femminile, Claudia Cardinale, che è uno dei personaggi centrali del film. È una sequenza “muta”, si sente solo il commento sonoro di Moricone. Dunque la donna giunge nella cittadina con il treno a vapore (che è anche uno dei protagonisti della storia). Tutti scendono, compresi molti animali. Lei cerca qualcuno, ha un appuntamento, ma non vede nessuno. Entra in stazione, seguita dalla telecamera, la quale resta fuori e la segue dalle vetrate della stazioncina ottocentesca. Chiede informazioni e s’appresta ad uscire dal lato opposto, verso la città. La telecamera si alza, scavalca il tetto e sale sul panorama sottostante. Anche la musica, lenta e struggente, sale insieme e tocca l’acme quando si apre la vista sullo scenario western, indaffarato nelle attività quotidiane di cow boys e signore. È una scena carica di saudade, non del far west, ma del cinema del far west. E non è cinema nel senso comune, hollywoodiano, è melodramma. Uno scenario degno di Giuseppe Verdi, che non sfigura come suo successore, dove tutto è curato con meticolosità e verosimiglianza, ma dove è la musica il filo conduttore. L’umile maestro romano concepisce un’idea narrativa grandiosa, capace di raccontare, ancor più della storia stessa, la storia d’America e della sua creatura più illustre, il cinema. Così la storia diventa film e il film diventa opera. In una guisa che solo il genio italiano, da Monteverdi a Verdi". Così l'amico Mucha.

Ecco perché si può essere orgogliosi di essere italiani, e un patrimonio giustamente celebrato con ispirazione e misura, grazia ed innata eleganza (lontanissimo quindi dalla volgarità di certo cinema piacione e meramente divistico) da questo trio cameristico come il mondo di Morricone ne è una tangibile, indiscutibile conferma. Voto 9. (Lorenzo Morandotti)