recensioni dischi
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LINNEA HJERTEN  "Nio systrar"
   (2024 )

Suggestivamente memore dei Dead Can Dance periodo “The Serpent’s Egg”, “Nio Systrar”, su etichetta Nordvis, è l’album di debutto dell’artista svedese Linnea Hjertén, polistrumentista dedita ad un folk oscuro, intriso di cultura esoterica scandinava, ammantato di un’aura profondamente haunting.

Da un fruttuoso connubio di folk e tradizione trae origine un lavoro concettuale, ma non privo di un centro emozionale ben definito; incentrato sulla rinascita spirituale attraverso un percorso di purificazione ed elevazione del sé, è pervaso da inflessioni che rimandano a tribalismi ed aspetti ritualistici, una discesa nell’abisso coronata dal ritorno alla vita, percorso di rinascita articolato in brani foschi ed insinuanti.

Opera ricercata e profonda, evocativa ed intensa, ricca di composizioni eteree e dilatate, “Nio Systrar” conserva intatto un mood straniante, esaltato da arrangiamenti che ne esaltano l’afflato mantrico (“Återfödelse”), figlio di una scrittura basata su figure ripetute; il canto è unicamente affidato a vocalizzi, essenziali e determinanti nel conferire a queste atmosfere diafane e sospese un che di ancestrale.

Polifonie e synth accrescono il pathos, conservato intatto da un ineludibile senso di incombenza in un contesto orfico, dai risvolti quasi psichedelici: la cadenza di “Skuggan”, ravvivata da archi e vibrafono, è emblematica di questo riuscito intreccio tra istanze colte e popolari, mirabilmente fuse in trentacinque minuti misterici ed inquieti.

Un viaggio ipnotico, ricco di fascino e carico di promesse, nel mondo tenebroso ed enigmatico di un’artista da scoprire con vivo interesse, senza preclusione alcuna. (Manuel Maverna)