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ADA MONTELLANICO  "Canto proibito"
   (2024 )

Jazz barocco, è possibile? E immaginare donne emancipate già nel 1600? In effetti, sono possibili entrambe le situazioni. Ma andiamo con ordine.

“Canto proibito” è il nuovo album di Ada Montellanico, uscito per Giotto/Egea Music, ed è composto da 9 rivisitazioni jazz di brani composti nel '600, il periodo d'oro del barocco, nonché dello svilupparsi dell'opera, con crescente fantasia e spregiudicatezza, “punite” dal 1690 in poi con l'istituzione dell'Accademia dell'Arcadia, che intendeva “fare ordine” (cioè, per semplificare, ha fissato dei canoni estetici, che porteranno sì a sviluppare lo stile classico, ma anche a tanta standardizzazione, a cui poi i romantici si ribelleranno. È più complessa di così, ovviamente, ma ci vorrebbero interi volumi, per essere più precisi).

Dal punto di vista artistico, il barocco è stato un periodo di intensa fioritura. La teoria degli affetti (esprimere i sentimenti con la musica), la voglia di sperimentare forme sempre innovative, l'esplorare il virtuosismo, sono tutti elementi che in effetti ci sono anche nel jazz. Quindi, l'accostamento non è poi così azzardato. Inoltre, il jazz è stato anche un fermento di emancipazione delle periferie, notoriamente della popolazione afroamericana, ma in realtà prima anche afrocubana, poi italoamericana e così via. Forse il primo vero macrogenere internazionale.

Ebbene, nel periodo barocco, accanto a Scarlatti, Cesti e Cavalli, tra gli autori che Ada Montellanico riprende in mano, troviamo anche Barbara Strozzi, compositrice che nulla ha da invidiare ai suoi colleghi maschi. La sua storia meriterebbe di essere approfondita a parte. Di lei, Ada canta “Che si può fare?”. “Che si può fare?”, ripete Montellanico nel brano. Quando l'esposizione del tema sembra finita, il quintetto sfocia in un free jazz. Accanto a lei troviamo Giovanni Falzone alla tromba, e responsabile degli arrangiamenti; Filippo Vignato al trombone, Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Ermanno Baron alla batteria. Tromba e trombone spesso spiccano come coprotagonisti, accanto alla voce. Ad esempio, in “Piangerò la sorte mia” (di Handel), sembra che anch'essi piangano la propria sorte, con note glissanti verso il basso. Poi però arriva la reazione, in un tempo velocissimo di batteria.

Il titolo “Canto proibito” fa da risposta a “Opera proibita”, album del 2005 della celebre Cecilia Bartoli, soprano e ricercatrice musicale. Inutile però fare paragoni, perché Bartoli riporta in auge i brani originali. Montellanico ricorre più volte allo scat, e canta con voce leggera, spesso anche antifrastica: a sentire le scelte ritmiche in “Piangerò la sorte mia”, sembra che in realtà stia ridendo, della propria sorte! In ogni caso, la scelta di diversi brani si è basata su quelli interpretati da Cecilia Bartoli, come ad esempio “O cessate di piagarmi”, “Delizie contente” e “Sebben, crudele”.

Due le trasformazioni più radicali. “Sebben, crudele” viene scandita da un ritmo sincopato di battiti di mani, e poi diventa una corsa forsennata, caratterizzata da un'agitata formula ritmica e armonica di tromba, trombone e voce. E infine, “Già il sole dal Gange”, brano di Alessandro Scarlatti che alle nostre orecchie potrebbe suonare “natalizio”, nella sua eleganza armonica originale, diventa uno scatenato 6/8 che per una volta riporta il jazz alle sue origini, lasciando da parte le recenti pretese intellettualistiche: fa ballare! Impossibile restare fermi, ascoltando la frenesia della sezione ritmica. Preziosi anche gli arrangiamenti allegri di tromba e trombone.

“Canto proibito” mostra quanto forse, i musicisti di un'epoca immaginata sempre come “oscura” come quella del Seicento (a causa della Controriforma), godessero in realtà di maggiori libertà espressive. Grazie a questa specie di deviazione temporale dal multiverso, con l'album di Ada Montellanico possiamo rivivere questa libertà seicentesca, all'interno della musica più novecentesca di tutte! (Gilberto Ongaro)