recensioni dischi
   torna all'elenco


MIHARU OGURA  "Ogura plays Ogura"
   (2024 )

L'avevamo conosciuta l'anno scorso, che eseguiva alla perfezione gli 11 glaciali Klavierstücke di Karlheinz Stockhausen (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=9874), e questa volta Miharu Ogura torna al pianoforte, ma con composizioni proprie.

In “Ogura plays Ogura”, uscito per Thanatosis Produktion, si sente che la pianista, classe '96, ha ben imparato la lezione dai maestri del Novecento. Sono cinque composizioni, vediamole una alla volta. “Pas” sono due minuti di singoli avvenimenti: poche note, circondate da lunghissime pause. C'è più silenzio che suono, e il titolo, se è in francese (ma potrei sbagliarmi), significa “Non”, e potrebbe essere indicativo di un brano che esplora il negativo, che in musica è appunto l'assenza di suono.

Al contrario, “Labyrinthe” è letteralmente la descrizione della camminata in un labirinto. Le note si susseguono senza pausa alcuna, e spesso (soprattutto all'inizio) sono singole note, una melodia senza sosta, “bloccata” solo ogni tanto da bicordi, che poi gradualmente aumenteranno di numero di note e di intensità, fino al vorticoso finale. Sembra proprio dare forma ad una ricerca affannosa di una via d'uscita. Ma potrebbe essere tutta interpretazione mia: ricordiamoci che, se la sua scuola è Stockhausen, questa musica “accade” e basta, respinge ogni metafora, rappresentando solo sé stessa. Però, la tentazione di dare significati è davvero forte...

“...zwischen...” è anche un bel titolo da leggere. In tedesco vuol dire “tra”, e la parola viene messa tra i puntini di sospensione. Si torna a successioni di arpeggi e scale atonali, di cui l'unico appiglio da afferrare è l'alternanza ritmica, tra temporanee cavalcature, i tuoni dei tasti bassi del pianoforte, e forse qualche cluster (chiedo l'aiuto del pubblico, di musicologi più ingessati di me!).

I cluster ci sono per certo in “Sillage des lignes”, tra riferimenti bartokiani e... tanta matematica. Sulla partitura, si possono notare innumerevoli cambi di tempo, anche da battuta a battuta: 3/4, 2/4 + 5/16, 3/8, 7/16 + 5/16 e così via. Cos'è che chiedevano i Congotronics International? “Where's the one?”, dov'è il battito uno? Eh, qui lo sa solo Ogura: noi ascoltatori si viene travolti da cascate di note, altamente virtuosistiche ed espressive.

Ma è con “Nijimi”, che Miharo Ogura fa emergere la sua personalità musicale: un brano di 24 minuti, dove si alternano colpi nervosi a tocchi morbidi, e nella fase centrale riecco gli staccati di due note vicine, distinti da lunghi silenzi come in “Pas” (che a questo punto si capisce che era solo un antipasto, un trailer). Sento frasi dal ritmo variabile, che sembrano letteralmente frasi, monologhi e dialoghi tra le mani. A un certo punto, un lungo trillo di una nota sola si farà ricordare. Le note sembrano come disperse, pensieri estemporanei, materia cerebrale in attività. E il finale è un decadere di note ripetute sempre più piano, fino al pianissimo.

Non sapendo cosa fosse “Nijimi”, pensando fosse un concetto filosofico giapponese tipo “ikigai”, sono andato a cercarlo su Google. Non fatelo! Non penso fosse quella l'ispirazione di Ogura, e preferisco tenermi il mistero. Ma di sicuro, in queste composizioni e soprattutto nell'ultima, c'è la ricerca del magico, e il raggiungimento del trascendente. Anche perché valorizza molto il silenzio, lo rende musicale e pari al suono. E abbiamo tanto bisogno di ascoltare il silenzio! (Gilberto Ongaro)