KIM MYHR & KITCHEN ORCHESTRA "Hereafter"
(2024 )
Ancora un lavoro ispirato da quell'infausto 2020. Ormai l'abbiamo capito, che sarà fucina di numerose creazioni per molti anni a venire; è stato il nostro anno zero, come lo era stato il 1945 per quel bel mondo che c'era prima (almeno in Occidente). Qualcosa è cambiato per sempre nella nostra coscienza. Anche in Norvegia.
Boris Johnson aveva detto agli inglesi: “Preparatevi a perdere i vostri cari”, e la notizia è risuonata in tutto il mondo. Ma a quanto pare, anche il primo ministro norvegese lo disse, alla propria Nazione. È stato un amaro messaggio, diffuso da ministro a ministro. Però ora è passato, e siamo al di là di quel periodo di trasformazione. Al di là, in inglese “Hereafter”, è il titolo dell'album di Kim Myhr & Kitchen Orchestra, uscito per SOFA Records.
L'album è costituito da undici tracce senza titolo, e tutte collegate in un unico flusso sonoro, dove la protagonista è la chitarra elettrica di Myhr, che però è circondata da numerosi strumenti del collettivo Kitchen Orchestra: sintetizzatori ed organo, vibrafono, fisarmonica, programmazioni, due bassi e batteria, contrabbasso, archi e fiati come corno, trombone, sax e tromba. Un organico ricco, per una musica che però suona come un'unica fonte sonora, più che come un ensemble. Il risultato è un passare dal post-rock a drone music, ottenendo un suono monolitico, che comunica solitudine nella sua grandezza. Una montagna nel deserto, una chimera sonora in mezzo alla foresta oscura.
Senza guardare lo schermo, è difficile capire quando finisca una traccia e inizia l'altra. È un lungo giro di giostra che attira come una calamita: una volta avviato, dispiace interromperlo, tali sono gli intrecci tra un momento e l'altro, che nonostante le reiterazioni dei momenti, non ci si ferma un attimo in un ristagno, in un attimo di noia. È musica che “accade”, come le chiome di alberi mosse dal vento, e vale la pena osservare le singole foglie che si agitano: tradotto, i singoli suoni che emergono da questo magma multicolore e fluorescente.
La traccia “VIII” raggiunge il picco di colori, tra i suoni cristallini del vibrafono, i garriti psichedelici dei synth, il calore dell'Hammond, le corde cullate della chitarra e il tremore della batteria jazz, e poi le sirene da nave ottenute con gli ottoni. Insomma, quel buio periodo di attesa e tristezza, ha generato nella mente di Myhr un universo davvero intrigante da visitare. (Gilberto Ongaro)