recensioni dischi
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GIULIA MECI  "Pathway"
   (2024 )

Generalmente, è più frequente che sia l’artista a scegliere la musica, però non è da escludere che, meno frequentemente, accada il contrario, e quando succede hai la sensazione che ci si trovi di fronte ad ottimi interpreti, come la cantante ed autrice bolognese Giulia Meci, con alle spalle un’autorevole formazione che spazia dalla laurea nel canto jazz al conservatorio, ed un solido impegno verso la quadratura della voce, composizione ed arrangiamento, ricerca e sperimentazione.

“Pathway” è un e.p. a 5 tracce che si può considerare il naturale proseguo dei precedenti albums “Reversal of fortune” e “Muffled heart sounds” con i Paolo Doesn’t Play With Us, ma (stavolta) Giulia si presenta in veste di band leader.

La sua “piccola” creatura di una ventina di minuti è più che esplicativa di come la classe della Meci riesca ad arrivare a far vibrare corde emotive, poiché non si limita ad abbracciare un’unica soluzione stilistica ma, semmai, fa scintillare colorazioni di galante folk in “Rise”, brioso ed elegante jazz in “Landscape” o nella struttura minimal-chic della tracklist, fornita di passaggi virtuosi solisti e di gruppo.

All’appello degli inediti manca “Find the truth”, che non tarda a farsi apprezzare con un jazz-flow di notevole fattura grazie (oltremodo) all’apporto di lodevoli musicisti come Davide Nicodemi, Pippi Dimonte e Federico Occhiuzzi, pronti ad elargire, rispettivamente, piano, basso e batteria con garbo e premura.

Infine, son convinto che l’unica cover presente, “Seen” di David Binney, sia in perfetta sintonia con quello che incarna la versatilità vocale di Giulia, pronta a sfoderare sussurri e carezze canore sognanti. In definitiva, “Pathway” è solo un piccolo scorcio di “sentiero”, che porterà questa ragazza a distinguersi tra le ugole che contano. (Max Casali)