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MENGO T  "Cartoline"
   (2024 )

Il rap incontra la musica psichedelica: “Cartoline”, uscito per Trulletto Records, è un breve ma intenso EP, dove in quattro canzoni Mengo T racconta frammenti di un viaggio mentale. I testi sono collegati. Ritorna spesso “l'equipaggio”, che all'inizio “prega, c'ha le mani giunte”, mentre alla fine si trova “sotto l'uragano”.

Che sia un viaggio allucinogeno è fuori di dubbio, tanto che la terza canzone “Come Jesse”, è riferita a Jesse Pinkman: “Sto nel lab come Jesse (…) ricercato come Jesse, disperato come Jesse, laureato negli eccessi”. Ma dietro non c'è un banale desiderio di stordimento, ma un vera ricerca spirituale, come dice lui “un viaggio esistenziale”. Altra occasione (non ne avevo da un po') per consigliare a tutti i lettori di guardare “Midnight Gospel”, serie animata su Netflix! 8 puntate che possono far bene a tutti gli spiriti!

L'altro aspetto curioso, non unico ma poco frequentato, è che il “flow” è realizzato da strumenti acustici: batteria, chitarra, basso, tastiere, e qualche campionamento. La differenza si sente, non faccio paragoni di qualità, ma di stile. Non suona “urban”, come la maggior parte delle basi prodotte col software: c'è il calore della chitarra elettrica, come nel riff del brano finale “Desert storm”, e il basso è ben presente ed evidente in “Come Jesse”.

Ma torniamo alle parole. Si parte dalla titletrack, dove le “Cartoline” sono i ricordi riportati: “Cartoline per la mia famiglia, francobolli colorati e carte mille miglia, mi hanno detto che c'è in giro uno, mi assomiglia, c'ha il cervello già ridotto a una poltiglia (…) vedo facce deformate (…) psiconauti nuova scuola ci godiamo sto tramonto viola (...) io quando ritorno sono ricco dentro, vedo l'alba trasformare questi mostri di cemento”.

Poi entriamo nel “Buio Omega”, che non è il film splatter di Joe D'Amato, ma un rituale: “Qualcuno faccia entrare lo sciamano, l'ego si dissolve come neve su una mano. Tieniti forte che si schizza in alto, la pelle trema dentro un bagno caldo [qui la musica sale di un tono, nda] l'appartamento che sprofonda dentro un buco nero, muovo gli oggetti con la forza del pensiero, esploratore del mistero (…) sono su Marte con la faccia nella terra rossa (…) per un secondo la mia anima si è mossa (…) scappare dalla carne come fosse dentro un carcere”.

Questo concetto di vedere il corpo come una gabbia (“My body is a cage”, Peter Gabriel), contestato dai più razionalisti TreChiodi (“Resti sempre con te, tra le tue anche”), è tipico di chi cerca di far emergere lo spirito in Occidente. Perché di qua si pensa che l'anima sia “dentro” il corpo. Invece in Oriente, si pensa che sia “fuori”, attorno al corpo (la famosa “aura potentissima”). Ma sto divagando! “Desert storm” finisce in questo non ben definito deserto, dove “crotali e scorpioni mordono tra i sassi, serpenti a sonagli si confondono col pavimento a scacchi”. Pavimento a scacchi? Lo spazio attorno cambia mutevolmente, come nei sogni.

Tutto questo in sole quattro canzoni. Quindi, pur essendo solo un EP, è di fatto non una “demo”, ma un oggetto compiuto, un “concept EP”! (Gilberto Ongaro)