TOMMI E.G.O. "Vita selvaggia"
(2024 )
Su Tommi Marson - che non ha bisogno di presentazioni, quindi se non lo conoscete amen – avrei varie osservazioni, tutte positive.
Tanto per cominciare: mi fido ciecamente di lui, intendo come artista. E’ coerente, non delude.
“Vita selvaggia”, pubblicato sotto la sigla Tommi E.G.O. (Claudio Cosi, Andrea Mortillaro, Marco ‘Kino’ Deregibus, Giulio Gianì, Luca ‘Jack’ Musso) per la One Fingerz di Danti, raccoglie sette brani schietti e diretti, una ventina di minuti che ripartono da dove “Vanità delle vanità”, ma soprattutto “Mind Kontrol Ultra”, finivano.
Intanto, ha spinta, voglia e passione da vendere. Perché Tommi sarà anche un punkettone nell’anima, ma esprime concetti, non si limita al bieco 1-2-3-4 e via. Certo che questo è punk, benché edulcorato, ma è anche vero che il punk lo misuri con l’attitudine, non coi decibel. Ad esempio, “Buttando via il tuo tempo”, che chiude il disco, è una ballata lenta per voce, chitarra, fischio da Alessandro Alessandroni, ma lo spirito è intatto.
Poi, esprime contenuti non banali. Oggigiorno rari, non latitano mai nelle sue canzoni, che – abile trucco di scena - possono suonare bislacche ad un orecchio distratto e/o superficiale: invece, portano avanti un discorso, propongono una visione del mondo, lo fanno con parole secche ed essenziali, non certo con eloquio forbito o sbrodolate letterarie. Vanno dritte al punto, dicono quello che devono, sono efficaci.
Bastano brani da tre minuti per dispensare una filosofia di strada nuda e cruda, condensata in testi che sanno di sdegno (“Etica”) e vita vissuta (“Vita selvaggia”), sorretti da quella che sembra una musica incline al sollazzo (“Doccia”), ma che ben di rado lo è davvero. Sempre gradevole, questo sì, ma immancabilmente attraversata da una robusta dose di amarezza (“Foto mosse”) e da un filo di tristezza sparsa sottotraccia (“Amica tossica”), unite a quell’oncia di risentimento che non può mai mancare, men che meno in questo piccolo trionfo di disillusione ad occhi aperti.
La scrittura è lineare, cerca con insistenza il gancio, il ritornello, la frase giusta: ci azzecca spesso, quasi sempre. Alla fine, ti ritrovi a cantarle tutte, questo pugno di canzoni basiche e irresistibili, dalle più ruvide all’inattesa accoppiata conclusiva, ossia uno swing vagamente retrò e una melodia carezzevole, roba fuori script che funziona anche quando abbassa i giri e ammorbidisce l’andazzo. Ti entrano sottopelle, diventano una droga di cui non puoi fare a meno, ma a differenza delle sigarette e dell’eroina, non provocano danni.
Ti alzi la mattina cantando “Doccia”, e non sai esattamente perché, ma sai che è ok così.
La vita è una doccia/si canta si danza/finiscono in un attimo i concetti.
Grazie signori, alla prossima. (Manuel Maverna)