ZÖJ "Fil o fenjoon"
(2024 )
Mi piace quando mi ribaltano le aspettative. Leggo che in questo duo australo-iraniano, uno suona percussioni, e l'altra strumenti persiani. Bene, clicco sulla cartella delle “frasi fatte per recensioni”, pronto a parlare di “scale arabe” e “microtoni”. E invece non c'è niente di questo!
Sto scherzando, non ho quella cartella. Nell'album “Fil o fenjoon”, uscito per Bleemo Music / Parenthèses Records, il duo effettivamente utilizza strumenti etnici, ma gli ZÖJ fanno un esperimento interculturale, il cui risultato è una sorta di ambient non rilassante. Cioè, a qualcuno può anche rilassare come effetto collaterale, ma lo scopo non è di certo quello.
Gelareh Pour è una musicista iraniana, di stanza in Australia, canta e suona il kamancheh e il ghaychak, due cordofoni iraniani. L'australiano Brian O' Dwyer suona “batteria e percussioni” (traduco così dall'inglese “drumkit”). Tramite gli strumenti e le lunghe note alla voce, Pour crea delle situazioni sospese e suggestive. L'unico rimando che mi viene per spiegarvi, è ai Dead Can Dance. Se non sapete chi siano questi ultimi, ascoltatevi l'album “Spleen and ideal”. Su, andate, mi ringrazierete dopo.
Nei primi tre brani, “I take pictures of fire”, “Hangman” e “My empty boat, pt. 3”, O'Dwyer utilizza le percussioni con la stessa intenzione della collega: niente ritmi che orientino, ma un uso ambientale e quasi rituale dei tamburi. Solo con “Hearts of stone”, il rullante viene suonato in maniera riconoscibile, ma sempre morbidamente, seguendo le note del kamancheh.
I brani durano dai 6 agli 11 minuti, sono veri e propri luoghi dove perdersi. Come ad esempio “The God of Rainbows”, dove l'arco tiene una nota fissa e stabile, che non si smorza mai, e la voce canta in tonalità minore, e il batterista arriva nella seconda metà del brano, tamburellando e facendo suonare anche le bacchette stesse. Poi “Hymn for Apollo” è in pratica un lungo bordone strumentale, dal forte potenziale ipnotico, e l'ipnosi continua con “Winter for Ghazal”, dove torna la voce di Pour, sia in un loop di coro, che da voce principale. E infine, con “Study of a bull”, sono i cordofoni ad essere protagonisti.
“Fil o fenjoon” è un'esperienza sonora affascinante, che prende la musica neoclassica persiana, e la sposta in un altrove non definibile, e forse per questo universale. (Gilberto Ongaro)