HUMAN COLONIES "Kintsukuroi"
(2024 )
Come si dice vino di pronta beva con sole sette note e un pentagramma? Grinta, pastosità, melodia, ma anche graffio che urtica, passione, tessitura avvolgente, e al tempo stesso acerba promessa di qualcosa che può anche dare molto di più in futuro.
Una presenza-assenza. Musicalmente un paragone adatto potrebbe essere quello del ritorno degli Human Colonies, che dopo “Big Domino Vortex”, “Midnight Screamer” e la raccolta “Cloudchaser and Old Songs” (che recuperava il loro primo EP con nuovi e più completi arrangiamenti), regalano sette nuovi brani al loro pubblico.
Brani di immediato godimento, energetici ed energici, dove l'adrenalina è ben dosata. La misura sembra la cifra di questa musica, dettata da un programmatico rifiuto di quei facili eccessi (in realtà sono ben pianificati marketing) cui indulge la musica mainstream.
Il gruppo per il titolo del nuovo lavoro si ispira all’arte tradizionale giapponese del Kintsukuroi, ovvero la riparazione di ceramiche rotte per mezzo di lacca dorata, e in effetti c'è un certosino lavoro di ricerca per creare il giusto abbinamento da chitarre distorte e momenti lirici, andamenti sincopati e ipnotici, minimi ma significativi scarti dal sentiero già percorso da altri, e omaggi alla tradizione del post-rock e della musica noise.
La tradizione è sempre lì che ci guarda, ci legge dentro più di quanto noi facciamo con lei, e sta a noi non farci sopraffare e prendere la lezione per quello che è, e guardare avanti. Questa band lo fa con stile ed equilibrio, a dimostrazione di una maturità raggiunta che può dare anche altri frutti. Complimenti a Giuseppe Mazzoni, Sara Telesca, Andrea Guardabascio, Pietro Bonaiti per la loro capacità di non fermarsi all'ovvio ed esplorare, nel rispetto del passato, nuovi orizzonti e nuovi sentieri.
Segnatevi in agenda il loro nome e il loro nuovo titolo, faranno strada. Ottimo l'amalgama delle voci, qui c'è molto del loro valore oltre alle chitarre, sempre in primo piano nella registrazione ma non eccessivamente invadenti: un cugino intelligente e ricco, che tolleriamo non solo perché è parente o belloccio.
Un consiglio, non sfumate le canzoni, pessima abitudine degli studi di registrazione. Voto 7 e mezzo. (Lorenzo Morandotti)