PHILIPPE PETIT "A reassuring elsewhere chapter II"
(2024 )
Ritorna Philippe Petit, col secondo capitolo della sua saga sul perturbante dei suoni conosciuti, cercando una fuga in un rassicurante altrove. “A Reassuring Elsewhere Chapter II”, uscito come il precedente per Oscillations Records, è composto di quattro tracce, la prima e l'ultima rispettivamente di 18 e 12 minuti, la seconda è un “Interlude” di poco meno di 3, la terza di quasi 9.
Parlavamo, nel capitolo precedente, del suo approccio giocherellone, nell'utilizzo del materiale sonico, e dell'andamento “orizzontale”, cioè dell'accostamento degli eventi uno dopo l'altro, senza aggiungerci un suono di sfondo, che dia perlomeno un orientamento. E anche stavolta possiamo confermare la stessa cosa. Siamo messi di fronte agli oggetti sonori per quello che sono, senza alcuna spiegazione. Con la stessa austerità dei primi avanguardisti del Novecento, la glacialità della musica concreta.
Rumori, oggetti percossi o che rimbalzano, segnali elettronici, sintesi granulare, ronzii, un pianoforte preparato con molti oggetti sulle corde. E tutto avviene senza preavviso, non è possibile intuire quello che accadrà un attimo dopo. Nell'interludio, possiamo riconoscere certe suonerie di smartphone, ripetute accanto ai suoni di pianoforte preparato, e lì emerge quanto siano soffocanti. Sono suoni che sentiamo tutti i giorni (non io, che tengo costantemente il silenzioso attivo, gnegnè), e che messi in sequenza rivelano il loro potenziale inquietante.
Nella terza traccia, i suoni sono particolarmente avvolgenti, ognuno ha un suo posto nello spazio, e l'esperienza, specialmente con le cuffie, è straniante. E il finale dell'ultima traccia, porta con sé qualcosa che assomiglia ad una voce che si lamenta, ma forse una voce non è. Non proprio rassicurante, questo secondo altrove. Emerge con più forza il lato minaccioso e disturbante della realtà dei suoni! (Gilberto Ongaro)