CAPUTO "Habitat"
(2023 )
Testi impegnati, quelli di Valeria Caputo, testi che raccontano molto della nostra Italia, dell’ambiente, del male fattogli da un uomo alla ricerca di sé stesso, spaesato e sconvolto dai drammi e dalla quotidianità della vita.
Non siamo di fronte ad un album di canzoni, ma ad una serie di “eventi” musicali tesi alla protesta o al discoprimento di situazioni poco note o dimenticate dai più. E’ un disco, questo ''Habitat'' di Valeria Caputo, che può anche disturbare, già dalla prima traccia. Il cantato, i suoni, gli effetti, le contorsioni sonore e il missaggio tutto insieme può essere troppo, può far fermare l’ascolto, può farvi maledire chi vi ha suggerito di ascoltarlo (Andrea Rossi, nel mio caso ti saranno fischiate le orecchie...).
Però, e per fortuna di Valeria c’è un però, il disco ha un fascino inconsueto che attrae. Credo sia dovuto al genio della sperimentazione, ascoltate ''Ma quale casa'', la prima traccia di cui vi dicevo prima: vi sarebbe mai venuto in mente che questa serie di “avvertenze” messe insieme si trasformino in un ipnotica esperienza sonora? Complimenti al fonico!
''Ma quale casa'' viene seguito da ''Vieni'', nel quale la casa è ancora al centro della narrazione. Qui la voce di Valeria è più melodiosa, morbida, ci accompagna a scoprire quella che è la sua casa, noi siamo gli ospiti. Le note di stampa mi dicono che sia ispirata ad ''Il cielo in una stanza'' di Gino Paoli... io sono troppo “commerciale”, non me ne sono accorto...
E il disco procede, tra melodie fluide che si scontrano con testi criptici o naif, ascoltate ''La mia città che sull’acqua brucia'': brucia la città, la mia vita, le cose della mia vita, cosa brucia? Oppure quante cose bruciano? E non bruciano; sono sterili.
Si passa poi a ''Mel'' e a ''Taras'': il primo, un delicato piano e voce, dedicato a Mel Bonis, pianista e compositrice francese (il brano è ispirato al suo ''Prélude op. 10''), il secondo, dedicato a Taranto, è ispirato dalla lotta ambientalista di Celeste Fortunato, deceduta nel luglio 2023 di leucemia. Come la città stessa, il brano può apparire, al primo approccio, confusionario. Ma poi, come accade per la città, si scopre un’armonia, un dualismo che fa amare la città, ed il pezzo stesso che andrete ad ascoltare e riascoltare.
L’impegno ambientalista prosegue in ''Sulla Strada Statale''... non dico nulla, scovate voi il tema del testo.
Il disco sembra alleggerirsi con ''Riconoscersi'', allegro e ritmato, per poi chiudersi con ''Dove finisco io'', episodio melanconico e intimo, il cui arrangiamento è suggerito da Emanuela Cortesi.
Un bel disco? Un disco da suggerire? Sì, se siete aperti a tutto, soprattutto alla riflessione. (Marco Camozzi)