THE ROLLING STONES "Hackney diamonds"
(2023 )
Sì, lo so, arrivo tardi a recensire "Hackney Diamonds", il nuovo album dei Rolling Stones uscito il 20 ottobre. Un po' perché non ero ancora riuscito a reperirne una copia fisica, un po' perché impegnato con la pubblicazione di "Sorting Office", il nuovo EP di The Rambling Postcards.
Non parlerò quindi del featuring di Sir Paul McCartney, il "cazzo di Beatle" che ha suonato "il cazzo di basso" - anche "fuzz", in "Bite My Head Off", pezzo che strizza l'occhio al punk - con gli Stones. Non parlerò di Sir Elton John, al piano in due dei brani, che torna per l'occasione a rivestire il ruolo di turnista dell'inizio della sua carriera, e neanche del compianto Charlie Watts, presente in due delle tracce, delle quali una registra l'estemporanea partecipazione di Bill Wyman, storico bassista, a ricostituire la sezione ritmica originale della band.
Parlerò del disco nel suo insieme, ed è un insieme che funziona - sono i Rolling Stones, mica i Bravi Ma Basta.
E' un album di undici canzoni dal suono super fresco, coerente al canovaccio adottato per larga parte dell'opera del gruppo: c'è il rock'n' roll, il pop, o il pop-rock, se preferite, ci sono le ballate, di cui una di sapore country - "Dreamy Skies" -, c'è la dance (con la cassa in 4) - "Mess It Up" -, c'è il brano appannaggio di Keith Richards - "Tell Me Straight" -, e c'è il blues rurale in chiusura, a rimarcare, ancora una volta, le radici della band. In proposito, va detto che è la prima volta che gli Stones incidono "Rolling Stone blues", o più semplicemente "Rollin' Stone", il brano di Muddy Waters da cui nel 1962 presero il nome, quasi fortuitamente.
E poi ci sono i singoli, estratti in settembre, prima dell'uscita dell'album. E i singoli non si estraggono a caso. "Angry" l'ho sentita la prima volta in occasione del lancio, avvenuto contestualmente alla première del video condotta da Jimmy Fallon dal quartiere di Hackney, a Londra, in conferenza con i tre Stones. E' una traccia potente e diretta, introdotta dalla batteria in solo, su cui si installa un dirompente riff di chitarra costruito su due accordi, di quelli che fai ballare il medio, nella collaudatissima (per Richards) accordatura aperta di SOL.
Ero in spiaggia, particolarmente ventosa quel giorno, e ascoltavo con gli auricolari in dotazione al telefono, ma ciò che mi ha colpito da subito sono state la compressione sulla voce di Jagger, il vocalizzo a 0'38", che ho trovato inusuale per il suo stile canoro, il volume (tipo live) del solo di Richards, il suono generale, sicuramente moderno, e in particolare quello del basso. Perché sì, in "Hackney Diamonds" non c'è un designato a ricoprire quel ruolo. Andrew Watt, il giovane produttore dell'album fa sapere che Darryl Jones, il bassista che suona con gli Stones dall'abbandono di Wyman nel 1994, era in tour al momento delle registrazioni, senza fornire ulteriori precisazioni. E allora non c'è un bassista, ce ne sono tanti, di mestiere o per assolvere alla bisogna.
Ad alternarsi allo strumento ci sono infatti Paul McCartney, Bill Wyman, Keith Richards, Ronnie Wood e Andrew Watt. Ma al dì là del turn over, la novità sta nel suono dello strumento, e ancor di più la sua posizione all'interno del mix. Il basso, negli Stones, è uno strumento che, tolte alcune parentesi dove è protagonista (vedi "Miss You", per citarne una) è tutto sommato sempre stato in secondo piano. In "Hackney Diamonds", invece, ha un suono più definito ed è più avanti nel bilanciamento generale: "In-your-face", direbbero gli inglesi.
E poi c'è il videoclip. Ogni volta che sento "Angry" non posso fare a meno di imitare le espressioni del viso di Sydney Sweeney che nel video sottolinea con il labiale i versi della canzone, mentre, sdraiata su una Mercedes rossa decappottabile, sfreccia per la Sunset Strip di West Hollywood. Insomma, "white sugar" Sydney, non mi ha solo conquistato. Mi ha plagiato.
Il secondo singolo anticipazione dell'album è "Sweet Sounds Of Heaven", il gospel, in omaggio a Charlie, come è tutto l'album a lui dedicato. A parer mio è la traccia più notevole di ''Hackney diamonds'', destinata a trovare posto tra i masterpiece della band. C'è Stevie Wonder (scusate se è poco) che suona piano, Rhodes e Moog. E poi c'è lei, Lady Gaga, che fino al 28 settembre per me era solo un nome famoso. In "Sweet Sounds Of Heaven" ha messo a segno una performance (improvvisata, sembra) degna di quella di Merry Clayton in "Gimme Shelter". Senti come spinge nel reprise, a partire da 6'29", accendendo la miccia per l'esplosione finale. Quello, è il Rock.
"Hackney Diamonds" esce a 18 anni di distanza da "A Bigger Bang", ultimo album di originali pubblicato dalla band. Verrebbe da pensare che, se i tempi standard per la produzione di un disco dei ragazzi di Dartford negli anni duemila rimanessero quelli, non ci sarà un ulteriore nuovo album degli Stones, ma, ancora Andrew Watt, rivela che le tracce di ''Hackney'' non sono neanche la metà di quelle considerate per l'album e che alcune di quelle non utilizzate sono già state lavorate, almeno in parte (Paul McCartney ha suonato "il cazzo di basso" anche in un altro pezzo).
Quanto sopra mi fa ritenere con una certa sicurezza che, indipendentemente da cosa possa riservare il futuro, "Hackney Diamonds" non sarà l'ultimo album dei Rolling Stones, e spero che (credo) Charlie, dal mondo dei più, voglia esaudire la preghiera rivoltagli da Mick in "Sweet Sounds Of Heaven": "Let the old still believe that they're young", e che questo non valga solo per gli Stones, ma per tutti. (Andrea Fabbris)