recensioni dischi
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ODYSSEE  "Arid fields"
   (2023 )

Odyssée è Edouard Lebrun, artista francese che vive sulle Alpi. Il suo processo creativo, solitamente, parte da luoghi ostili e selvaggi, dove trasporta il suo sintetizzatore modulare per esplorare l’interazione tra tecnologia, natura e il suo personalissimo stile.

L’artista ha da poco pubblicato “Arid Fields” che, come suggerito dal titolo, nasce in e da luoghi diversi: i deserti americani. Per l’occasione, infatti, Lebrun ha trascorso alcune settimane in solitaria nei deserti degli Stati Uniti sud-occidentali (Joshua Tree, Mojave, Nevada) e ha prodotto musica all’aperto, cercando di comunicare un senso di solitudine nelle traiettorie ambient e post-trance che guardano anche ad altri generi.

Sin dall’opener (“Keepsake”), siamo catapultati in un mondo polveroso e vastissimo, con un’intensità emotiva e ritmica che sale lentamente, privilegiando sensazioni rarefatte e introspettive. La forza del disco risiede anche nella sua capacità di celare un certo grado di complessità in termini compositivi dietro un’apparente leggerezza: “Arid Field” ruota intorno a un nucleo di idee e stilemi che vengono sviluppati per approdare in luoghi sempre diversi, con i suoni crepuscolari e misteriosi di “Lone Rock Beach”, quelli plumbei di “Echo Bay” e quelli più sintetici ed elettrici di “Ultraviolet Night” che rappresentano alcuni dei passaggi più belli del lotto.

Il pensiero e la produzione di Odyssée sono cambiati, ma a rimanere intatta è la qualità: “Arid Fields” è un altro esperimento riuscito di un artista mai banale e dal linguaggio sempre più definito. (Piergiuseppe Lippolis)