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LUCA TILLI  "Empty smile"
   (2023 )

Un uomo, un violoncello. Luca Tilli mette a punto l'eredità della musica contemporanea novecentesca, che da tempo ha abbandonato la tonalità, per addentrarsi nel suono a livello corporeo. Il violoncellista fa letteralmente parlare il suo strumento, nel senso che dopo pochi secondi dal primo brano dell'album “Empty smile” (uscito per We Insist! Records), già dimentichiamo di far caso alla denotazione del suono, cioè a capire quali siano le note, per concentrarci esclusivamente sulla connotazione, cioè sull'attribuzione di un significato extramusicale, a ciò che stiamo ascoltando.

È un risultato paradossale, perché in realtà l'intenzione è proprio quella opposta: come insegnava John Cage, anche Tilli vuole portare la musica ad essere puro suono, che vada contemplato in quanto tale e basta, senza attribuirgli altri significati. Eppure, tra tutti gli strumenti, il violoncello è proprio il più difficile da astrarre totalmente, perché è quello che più assomiglia alla voce umana. Quindi, mi è impossibile non scrivere che “The right chair” sembri un lamento nervoso, mentre “In the morning” a tratti ricordi le moine di una ragazza, in vena di teneri capricci d'amore. O che il pizzicato “Providence” non dia una sensazione organica, di corpo vivente in movimento.

Oltre al turbinio di suoni acuti e gravi, l'aspetto a cui prestare attenzione è senz'altro il “ritmo”. Lo scrivo tra virgolette, perché non c'è un rigido metro, ma ogni tanto sembra ci sia una parvenza di regolarità, come all'inizio di “Gemini”, che però viene contraddetta in pochi istanti. “Bombetta – To Angelo N'” è una vera tempesta. Il ritmo qui è una faccenda interiore, strettamente collegato all'espressività dell'esecuzione, che spesso accelera vertiginosamente. Un po' come nella poesia a versi liberi, dove la metrica non è data dalle sillabe, ma dalle parole stesse.

Tra i titoli, incuriosiscono quelli finali, che suggerirebbero un concetto a sé: “Empty Smile I”, “Empty Smile II” e così via III, VI, V; e dopo, “Empty Smile, Vol. I”, “Empty Smile, Vol. II” e “Empty Smile, Vol. III”. Sembra quasi una beffa, dato che non sento un cambio stilistico netto, dai brani precedenti, coi loro titoli autonomi (a parte il parallelo tra “The right chair” e “The wrong chair”). Ma potrei essere io non abbastanza preparato, da riconoscere la differenza. Certo che certe prodezze virtuosistiche, in “Empty Smile II”, sono degne di Mauro Pagani.

E tra glissati, bicordi, il corpo del violoncello percosso con l'archetto, note sussurrate e frasi isteriche, riusciamo a prendere il pentagramma e a forzarlo, ingrandirlo, per osservare i microscopici segreti tra un microtono e l'altro, sezionando il suono che si fa significante e significato assieme. In una parola: istinto. E, come suggerisce il titolo, un “sorriso vuoto” (meglio traducibile con sorriso vacuo) si stampa sul volto, consapevole di ascoltare un virtuoso gioco dal gusto sardonico. Luca Tilli, un uomo, un violoncello! (Gilberto Ongaro)