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DIE ANARCHISTISCHE ABENDUNTERHALTUNG  "Die Anarchistische Abendunterhaltung"
   (2023 )

Die Anarchistische Abendunterhaltung, uscito per Sub Rosa Records, è la ristampa – finalmente disponibile dopo molto tempo – di un progetto ambizioso, originale e controcorrente che pone al centro della scena quattro strumenti acustici suonati da altrettanti musicisti dalla versatilità e dal tocco sopraffini: violino, violoncello, clarinetto e accordion qui si nobilitano a vicenda, dialogano, si inseguono e si scontrano in sentieri mozzafiato in quarantasei minuti di musica appassionanti e variegati distribuiti in sei brani dalle fattezze e dagli umori mutevoli e imprevedibili.

Influenzati dalla musica tradizionale esteuropea, dal klezmer, dal jazz e da più percorsi della sperimentazione (classica e non solo) contemporanea, i quattro protagonisti di Die Anarchistische Abendunterhaltung, il cui nome è già un biglietto da visita estremamente fedele a ciò che sono, nel 1995 pubblicano il loro album di debutto eponimo. Sono figli della scena di Antwerp, da cui sono usciti negli ultimi decenni altri nomi di rilievo come dEUS, Zita Swoon e Kiss My Jazz. È la prima volta che questo vulcanico e spiazzante progetto viene ristampato e la chance di rivisitare a distanza di ventotto anni il lavoro di questo quartetto è rara e da cogliere al volo.

Nato come gruppo di strada e da cafè, il quartetto, che prese il suo nome da Der Steppenwolf di Hermann Hesse del 1927, romanzo che, come diversi titoli rivoluzionari che erano usciti nei decenni precedenti e che sarebbero usciti di lì a breve, ha come protagonista un “uomo senza qualità”, il tipico “inetto” – nel senso latino del termine di in/aptus, inadatto al mondo contemporaneo e alla società ipocrita e priva di senso critico che il personaggio ritrova intorno a sé – indagato a fondo nelle opere di Italo Svevo, James Joyce, Luigi Pirandello e Robert Musil, vero fil rouge letterario di quel periodo storico nonché vera e propria Weltanschauung dei suoi autori, descrisse sin da subito la propria natura come quella di un gruppo di musicisti classici che erano finiti, per un motivo o per l’altro, fuori dai loro binari. Del mondo classico, però, non avrebbero abbandonato alcuni suoi tipici strumenti, la loro formazione e competenza e, in parte, un certo numero di aspetti di primo acchito meno evidenti, come la suddivisione di ciascun componimento in tre atti, scelta ispirata alla rotazione triennale che il mondo agricolo aveva adottato dall’inizio del Medioevo in avanti.

All’interno di un quadro così ampio, non si può, ovviamente, tacere di ciò che i sei componimenti che il progetto racchiude rappresentano, significano e portano alla luce. I cinque brani intitolati “Drieslagstelsel”, presenti non in ordine di nomenclatura – al quinto, l’apertura, segue il secondo, che poi sfocia nel terzo, seguito dal sesto e dal primo, senza che vi sia un quarto pezzo – e seguiti, come conclusione, da “Doorlop”, attraversano molteplici avventure sonore e moods: solenne e massimalista è il quinto; più pacato e “da camera” il secondo; estremamente sperimentale e dissonante il primo; vicino alla musica folklorica esteuropea e al mondo klezmer il terzo; accresciuto da alcuni cori particolarmente aulici e alienanti; breve, pungente e avanguardistico il sesto. Il tutto esonda nella composizione finale, “Doorlop”, un vortice di tensione e di movimento che, una volta conclusosi, nasconde un tradizionale che, partendo da presupposti “classicisti”, viene rivisitato e rivoltato con coraggio e intraprendenza e che è il vero elemento conclusivo del disco, un viaggio non semplice ma avvincente in un universo sonoro per il quale è difficile trovare una chiara categorizzazione. (Samuele Conficoni)