recensioni dischi
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INUTILI  "A love supreme"
   (2023 )

C'è ancora chi porta avanti la lezione dei primi Pink Floyd, proprio quelli capelloni e con Syd Barrett in squadra, punte principali della scena psichedelica inglese. Una band che si dà un nome autolesionista, gli Inutili, ci fanno ascoltare in “A Love Supreme” il risultato di una jam, probabilmente in presa diretta (si sente il “one two three four” del batterista, con tanto di bacchette che tengono il tempo), che mostra tutto il loro amore per quello specifico sound lisergico.

Sono cinque brani, di cui due di durata normale, e due suite, di circa 12 e 15 minuti, come da tradizione psichedelica. La prima di queste due, “Queen Crimson”, dal titolo immagina la regina che affianca il re più famoso del progressive, ma la pasta del brano ricorda l'oscurità di “Careful with that axe, Eugene”. A metà brano, tutta la traccia viene pitchata verso il basso, come se qualcuno avesse tolto la corrente allo stereo, per poi ripartire dal punto di prima, ma con la distorsione delle chitarre accesa, fino a prorompere in un riff che poi rimbalza su sé stesso.

Uno dei brani brevi invece, “Walking on your lips”, si basa su due accordi gioiosi di chitarra elettrica, e qui la mente va subito a “Interstellar overdrive”. “Dadada” e la titletrack aumentano l'elemento noise, finendo nel caos, un po' come nella prima parte di “A saucerful of secrets”, ma senza poi arrivare alla catarsi armoniosa della seconda parte.

Con “A Love Supreme”, gli Inutili riportano all'attualità il classico trip psichedelico, basato sulla distorsione delle chitarre elettriche e gli effetti, col batterista che indugia spesso sul ride, come il buon Nick Mason. Per chi vuole tornare nel 1967, pedalando una bicicletta tra Giove e Saturno! (Gilberto Ongaro)