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LE JARDIN DES BRUITS  "Cuore di cane"
   (2023 )

Ruvido, ispido, ben poco disciplinato, eppure arricchito da una sua sporca poesia di strada, “Cuore di cane”, su etichetta Urtovox, vede il ritorno della coppia Simone Tilli e Tony Vivona – in arte Le Jardin Des Bruits – a sei anni da “Assoluzione”. Con l’imprescindibile supporto di Alessandro Casini, Silvio Brambilla e David John Noto, anch’essi tutti coinvolti nel premiato giro Alan+/Deadburger/Ossi, realizzano un album che è ben più di un semplice insieme di canzoni: è un discorso articolato, una lunga riflessione su sentimenti e natura umana, su fragilità e debolezze assortite e sui molti antidoti al mal de vivre che una cocciuta resilienza può offrire.

Lavoro complesso e sfaccettato, ricco e profondo oltre le apparenze, sotto le ingannevoli sembianze della forma-canzone cela innumerevoli pulsioni che si agitano inquiete, elabora e rimastica concetti, idee, sprazzi di filosofia affatto spicciola, il tutto condensato in una peculiare – direi quasi riconoscibile – forma di cantautorato sui generis, capace di sovrapporre ad un romanticismo crudo e rovesciato un taglio tipicamente indie. E’ musica che lievita gradualmente dopo ripetuti ascolti, svelandosi lungo un percorso le cui svolte giungono inattese, diretta ed aspra a tratti, altrove più morbida, intima e conciliante, figlia di intuizioni non lineari, efficace nel dipingere a tinte fosche un microcosmo di varia umanità che si dibatte nelle secche del quotidiano.

Tra lo sporco blues dissonante di “Crema” in apertura e la spinosa chiusa di “Settembre”, vanno in scena l’ateismo garbato di “Armonia”, lo spoken word stizzito de “L’elenco (delle cose che mi fanno incazzare)”, il passo sornione à la Fabrizio Tavernelli della title-track, la toccante “Ladri di tempo”, sospesa tra pianoforte e feedback su un’aria che ricorda Ottodix; ma c’è spazio anche per la bordata di “Mia” (quasi gli Afterhours di “Dea”), per la bruciante aggressività de “La ferocia di uno sguardo idiota” (la immagino cantata da Edda), per l’avvolgente ballata elettrica di “Carezzami l’anima”, per le rimembranze litfibiane di una centratissima “In attesa di te”.

Il prezzo da pagare per concedersi cotanta ispirata opulenza è l’accettazione consapevole di una certa disomogeneità, ma è un confondere le acque provvido e stimolante, un’inesauribile offerta di spunti dettati da uno sguardo disincantato sulla vita. (Manuel Maverna)