HOWARD JONES "Celebrate it together"
(2023 )
C'è stato un momento, a metà anni '80, in cui lui era diventato quello che ora si definirebbe "virale". O iconico. O, semplicemente, simbolico: se si pensava ad un tastierista, veniva in mente lui. Forse perché era un solista, e quindi risaltava rispetto agli altri, forse perché era allegro - mentre tanti altri erano tristi tristi tristi - e perché quel capello biondo sparato lo aveva fatto, per forza di cose, diventare un piccolo mito.
Di Howard Jones il mainstream ha perso le tracce alla fine del nostro decennio, senza peraltro nemmeno possibilità di riesumazioni: nessun remix, nessun revival, nessuna collaborazione con sangue giovane da vampirizzare. Ma solo una imperterrita coerenza che lo ha portato ad una quindicina di album, solo qualche fuga nel "piano only", e quella vaga impressione che sia stato sempre con noi, senza andarsene mai, ma senza davvero apparire. Come l'inquilino del sesto piano che non incontri mai in ascensore perché fa le scale, ma che ti abita sulla testa da decenni senza disturbare e senza che tu, davvero, sappia che fine ha fatto.
Il raccoltone che celebra i 40 anni di carriera è fluviale, e forse potrebbe un po' annoiare chi era rimasto a quei 5-6 successi conosciuti anche dai sassi, però dimostra che anche nei tempi più recenti il tocco non era mai stato perso, e che certe cose avrebbero potuto avere altrettanto successo delle "What is love" e limitrofe, se solo non fosse cambiata la moda.
E vai te a sapere perché, magari, i Pet Shop Boys sono riusciti a rimanere un bel po' sopra la superficie rispetto a lui. Forse, appunto, perché quando diventi il simbolo dei tastieristi anni '80, e quando poi le tastiere diventano roba da vecchi, vieni messo nel dimenticatoio pure tu. Poi riappari ad una riunione di condominio e gli altri si accorgono che sei sempre esistito, e chissà quante cose avresti potuto dire, se ti avessero ascoltato. Ecco, questa è l'occasione.
Ah, state tranquilli: se amavate quelle là, qui il genere è rimasto lo stesso. Non ci sono né sbalzi di umore rock, né eccessi tecno per rivitalizzare gli argomenti. Non ce n'è bisogno. (Enrico Faggiano)