recensioni dischi
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WILCO  "Cousin"
   (2023 )

Non sarebbe necessario dilungarsi troppo nel presentare I Wilco, superband statunitense di Chicago che dal 1994, guidata dal suo leader e principale compositore Jeff Tweedy, ottiene costanti successi e consensi sia dal pubblico che dalla critica, vendendo milioni di dischi, vincendo due Grammy Awards e sfornando nel 2002 un capolavoro riconosciuto ed iconico come "Yankee Hotel Foxtrot".

Ho utilizzato il condizionale non a caso però... dato che una delle caratteristiche della loro musica è sempre stata il non appiattirsi sul mainstream anche a costo di avere contrasti con le case discografiche: hanno mantenuto una loro coerenza artistica che ne ha circoscritto l'ambito, non di nicchia ma certamente rivolto a veri interessati al loro genere musicale.

Si tratta di un alternative-rock raffinato e mai sopra le righem con sonorità rarefatte e ricerca timbrica e sonora: i testi di Tweedy vertono sulla incomunicabilità, sui sentimenti umani a volte condizionati dall'ambiente esterno.

I Wilco, alla stregua di altri supergruppi americani come i Pearl Jam dal 1990 di Seattle, od i Counting Crows dal 1991 di San Francisco, sono partiti da un proprio genere di riferimento (rispettivamente il Country, il Grunge, il Rock classico anni '70) per poi evolverlo e trovando una propria modalità personale, che ha loro consentito di suonare sempre attuali nonostante il passare degli anni.

Questo "Cousin", ultimo lavoro che arriva dopo numerosi dischi di gran livello, non delude le aspettative, anzi esprime una rinnovata attitudine verso la ricerca sonora senza tuttavia eccedere nella sperimentazione. Proficua in tal senso è la collaborazione con Cate Le Bon, artista e produttrice gallese, che inserendo nuovi strumenti e lievi interventi elettronici, struttura i brani con una veste particolare, pur rimanendo centrali le chitarre.

I dieci inediti sono tutti di notevole impatto evocativo e la voce di Tweedy è una conferma, con quel suo tono ai limiti del sussurrato e del recitato.

Il brano che racchiude al meglio quanto sopra descritto è "Pittsburgh", ottavo in scaletta, con le sue atmosfere ricercate ed aperte con una venatura prog che non guasta affatto. Molto intrigante anche "Cousin", n.7, che determina il titolo del disco: qui abbiamo chitarre trattate in tempi dispari con attitudine che definirei country-punk...!

In "Evicted", quarto brano del disco e relativo singolo estratto, sento in quell'incedere delle sei corde echi dei Kinks e di Bowie... Le influenze dei Wilco arrivano in effetti anche dal Duca bianco: qualcuno potrebbe pensare, data la mia conclamata fede Bowiana, che io lo senta dovunque, ma in questo caso non temo smentita. Ascoltando piano e chitarra in "Ten Dead" (seconda traccia) mi sembra molto evidente l'affinità con le ballate di Ziggy prima maniera...

D'altra parte è lo stesso Jeff Tweedy ad eseguire talvolta dal vivo nei concerti le sue cover, non a caso su YouTube è presente una minimale e bellissima "Heroes" cantata e suonata col figlio Spencer...!

Ottimo disco senza se e senza ma... voto 8. (Roberto Celi)