recensioni dischi
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FESTINESE, GERBELLA & LOGIACCO  "Schiena dritta – Per Gianmaria Testa"
   (2023 )

Squi[libri] Editore è da sempre attenta alla cultura locale, ai prodotti etnografici, alla ricerca, per così dire, di prodotti “doc”, da loro certificati, per quanto riguarda la musica. La loro indagine è multidisciplinare: non solo musica, ma anche letteratura e fotografia, come in questo caso. Infatti, anche in questo caso, stiamo parlando di un cd abbinato ad un libro. Svetta il nome di Gianmaria Testa, nel titolo di questo lavoro, ma è solo il punto d'inizio.

Lo scrittore e giornalista Guido Festinese, il cantautore e scrittore Paolo Gerbella e il fotografo Maurizio Logiacco hanno così creato “Schiena dritta – Per Gianmaria Testa”, che a dispetto di quanto possa suggerire il titolo, non è una reinterpretazione di canzoni del compianto cantautore piemontese. Si tratta di canzoni originali, di Gerbella, le quali prendono spunto dai racconti scritti da Festinese.

Forse qualche reminiscenza di Testa si trova qua e là, per assonanza dei titoli, come “L'albero del canto” che ricorda “L'albero del pane”, e “Stazioni” che rimanda a “Le donne nelle stazioni”. Si avvicina anche lo stile alla chitarra acustica, asciutto e con ritmiche affini a quelle latinoamericane, ma l'organico qui è arricchito da molti strumenti, ad esempio: mandolino, tromba, flicorno, pianoforte, contrabbasso, batteria e un curioso strumento, il vibrandoneon, che suona come una fisarmonica bandoneon, ma l'aria arriva da un tubo in cui si soffia, come nella melodica. Una... “fisarmonica a bocca”!

Le scelte melodiche e armoniche sono tendenzialmente romantiche, e i testi, tutti di Gerbella tranne “Mille pezzi veri” che è di Festinese, trattano di sentimenti quotidiani, ricercando l'eleganza espressiva, come quella di Fossati. Estraggo un campione di versi dalle varie canzoni: “Ho bisogno di voci e di pochi rumori, di parole limate di aggettivi sentiti, e di calli alle dita, che accompagnano lievi ogni suono di corda, ogni suono che arriva”; “Non si cambia niente che non si voglia cambiare, siamo tutti un minuto di fiato che crediamo respiro”; “E come acrobata sul filo di lana in coni di luce, con la paura e il bisogno di stupir la scena (…) non è il tempo che passa, siamo noi a ricominciare”; “Come stigma di zafferano in mani gentili, accarezzata dal gesto paziente che reciderà”; “Sono stato chimera, e alla fine della notte, con folli ideali ho vissuto sopra i rami” (questo mi ricorda un po' “Il barone rampante” di Calvino); “Polvere e sogni sopra un cuscino, occhi scordati su un comodino (…) bambino cullato in giorni di gloria, adulto perduto in un pezzo di storia”; “Forse sorridi sulle scale e vai, incontro ad un giorno speciale che sa di grano, sale e desideri, tra i glicini e la tua fantasia”.

Un altro punto in comune con Gianmaria Testa, è la sobrietà della proposta, quasi discreta, nel suo mostrarsi “normale”, tra assoli di contrabbasso e tromba muta, con la batteria suonata con le spazzole. Musica per chi cerca “l'odore dell'aglio su ruvide dita lontane nel tempo”. (Gilberto Ongaro)