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CRISTINA ZAVALLONI & MANUEL MAGRINI  "Lontanissimo"
   (2023 )

“Lontanissimo” è una raccolta di cinque canzoni romantiche in stile jazzistico, un Extended Play (EP), creata e incisa da due musicisti di altissimo livello interpretativo e compositivo: la cantante e compositrice Cristina Zavalloni e il pianista Manuel Magrini.

Cristina Zavalloni si distingue per l’eleganza e la profondità della sua voce, del suo sguardo, dei gesti espressivi che le accompagnano il canto e i discorsi parlati, nonché delle melodie e dei testi che realizza come compositrice. Di origini bolognesi e diplomata nel belcanto e nella composizione presso il Conservatorio di Bologna, si esibisce fin dagli anni novanta in tante importanti collaborazioni jazzistiche e operistiche e incide molti album, tra cui il primo nel 1982, all’età di soli 9 anni, insieme al padre Paolo Zavalloni, in arte noto come El Pasador (vi ricordate ''Amada mia, amore mio'', ''Non Stop'' e ''Mucho mucho'' negli anni '70?).

Manuel Magrini è invece un giovane talento del pianoforte e della composizione, il cui stile interpretativo è caratterizzato da una grande precisione e virtuosità. Anche lui proveniente da una famiglia di musicisti, nasce ad Assisi nel 1990, segue degli studi classici nella Scuola di Musica di Cannara (PG) e si diploma con massimo dei voti presso il Conservatorio di Perugia. Già da bambino compone musica e incide dischi di proprie composizioni. Partecipa a diversi concorsi nazionali di musica classica e jazz, classificandosi ai primi posti, e collabora con musicisti storici italiani e internazionali.

L’EP “Lontanissimo” esce a giugno 2023 – una settimana dopo “Twisted”, inciso da Cristina Zavalloni insieme a Michel Godard – ed è un omaggio al padre Paolo, che, come dichiara Cristina, “sembrava ogni giorno più lontano. Lontanissimo, appunto”.

Infatti, il padre è deceduto il 20 giugno, tre giorni prima della pubblicazione dell’opera, facendo appena in tempo ad ascoltare un’anteprima della registrazione. Significativi in questo senso sono i “teaser” visionabili su Youtube, in cui l’artista bolognese spiega in modo amorevole a suo padre e al pubblico le ragioni e il senso di ogni brano presente su “Lontanissimo”.

La motivazione di partenza dell’EP è stata il desiderio di incidere il brano “Restiamo amici”. La musica del brano fu creata da Paolo Zavalloni probabilmente negli anni ‘70, con un testo inizialmente scritto dal celebre commediografo e paroliere Dino Verde. Però del testo iniziale, l’attuale versione conserva solo il titolo e i primi due versi: “E tu mi dici:/ Restiamo amici!”… Tutti gli altri versi sono stati scritti da Cristina Zavalloni quando aveva l’età di 16 anni. Questa verità viene riscoperta dall’artista soltanto a febbraio 2023, quando, grazie alla madre, rivede la propria “calligrafia di sedicenne con la biro blu nell’originale del testo”.

La musica e il testo di “Restiamo amici” sono cariche di tristezza: esprimono il disagio per una relazione d’amore che non può continuare, perché l’altra persona non ricambia più il sentimento. La canzone sembra essere composta da tre parti; ha quindi una struttura di tipo A-B-A. Nella prima e nell’ultima parte, la presenza dei versi in rima imprime un certo equilibrio: ci sono delle rime tra verbi (“A me che tremo ancora se ti sfioro,/ A me che se ti penso m’innamoro”; “Oh, come faccio a dirti quel che provo?/ Io cerco le parole e non le trovo”) e delle rime di una discreta originalità tra nome e avverbio (“Nei miei pensieri/ Noi fermi a ieri”; “Fatico quasi a trattenere il pianto,/ Lo vedi come soffro averti accanto”). Nella parte centrale invece, la rima è completamente assente e il ritmo s’intensifica, probabilmente con l’intenzione di esprimere un dolore crescente e struggente: “Cosa è accaduto in me,/ Se neanch’io mi riconosco più?/ Non dico che è da ridere, ma quasi,/ Mi sveglio e penso a te,/ Non esisto quando te ne vai,/ Ma appena tornerai ti dirò:…”).

E le due parole che formano il titolo, così care all’autrice, ritornano sempre nel fluire della canzone, ogni volta sotto una forma leggermente diversa: “E tu mi dici:/ Restiamo amici!”; “Soltanto amici,/ Ma cosa dici?”; “Restare amici,/ Tu non capisci”; “Restare amici,/ Non lo capisci”… Per concludere ripetendo: “Soltanto amici,/ Ma cosa dici?”… quasi come una vera e propria ossessione. Come l’autrice stessa dichiara: “Quel brano mi ossessiona da quando ero ragazzina”.

Il pezzo di apertura, intitolato “La resa”, è una canzone d’amore interamente creata (musica e testo) da Cristina Zavalloni e dedicata alla figlia Agata. Con una melodia e un ritmo dondolanti, tra valzer e ninna nanna, che rimangono facilmente impresse nella memoria dell’ascoltatore, l’autrice, come tutte le madri, si “arrende” e si “allena” a sua figlia, alle sue “lune”, alla sua “innocenza che va capita”… e mentre canta le parole “che va capita”, Cristina si lascia sfuggire un lieve sospiro, esprimendo forse la malinconia causata dall’implacabile scorrere del tempo.

L’opera continua con due brani scritti e per la prima volta interpretati negli anni ‘50 – ‘60. Si tratta di “Lontanissimo”, la canzone che dà il titolo all’intera raccolta, inizialmente facente parte del musical “West Side Story” di Leonard Bernstein e poi cantata in italiano da Mina con il testo di Alberto Curci “Devilli”, e di “Quella cosa in Lombardia”, scritta da Fiorenzo Carpi e Franco Fortini per la cantante Laura Betti e, qualche anno dopo, reinterpretata da Enzo Jannacci.

Senza voler mettere in ombra l’esecuzione canora sempre impeccabile di Cristina Zavalloni, si può affermare che l’originalità di questa versione di “Lontanissimo” risiede nella parte solistica robusta e ritmata realizzata al pianoforte da Manuel Magrini, che conferisce una nota di ottimismo e determinazione a una canzone altrimenti assai sognante e crepuscolare.

Il testo di “Quella cosa in Lombardia” racconta della vita difficile nelle periferie del dopoguerra, ed è lodevole il fatto che Zavalloni e Magrini abbiano scelto di richiamarla alla memoria del pubblico e di farla conoscere ai più giovani, soprattutto perché nel suo testo l’amore erotico viene presentato nei suoi dettagli e nelle sue sfumature oggigiorno uniformate fino alla loro quasi completa cancellazione: viene usata l’espressione “fare all’amore”, ormai considerata desueta, ma molto più ricca di significato rispetto all’attuale “fare l’amore”; si fa riferimento al passeggiare e allo scambiarsi qualche bacio; ci si domanda se può essere chiamato “amore” anche quello che viene consumato “nell’odore di penosi alberghi a ore” e nella “fretta tutta fibbie, lacci e brividi”…

Peccato però che, dalla versione originale di “Quella cosa in Lombardia” scritta da Franco Fortini, sono stati eliminati – sia nell’interpretazione di Jannacci, che in quella di Zavalloni e Magrini – due versi di grande importanza: “Lo sai bene che io non sogno,/ Questo mondo di noi due non ha bisogno”. Questi due versi, che ben si abbinavano agli ultimi due ancora presenti nell’attuale versione (“Se volere bene è sempre più difficile,/ Amore mio, non dar la colpa a me”), probabilmente annunciavano fin da allora la situazione di abbandono dell’individuo da parte della società, così evidente nei tempi di adesso…

Come per rinfrescare l’atmosfera, la raccolta “Lontanissimo” si conclude con un brano vivace, scherzoso e – per dirla con Cristina Zavalloni – “funambolico”, intitolato “Karate”, spesso usato dai due musicisti come bis negli spettacoli dal vivo. Lo spartito strumentale originale, scritto dal compositore brasiliano Egberto Gismonti, viene qui interpretato in maniera rallentata, per adattarlo alle possibilità di esecuzione vocale. E ciò che sorprende fin dall’inizio in questa versione è la perfetta sincronizzazione ritmico-melodica tra voce e pianoforte. Poi, verso il finale, ci viene regalata un’allegra parte di “percussione”, che si può ottenere battendo le mani o il piede sul pavimento, colpendo il pianoforte oppure con altri simili mezzi…

Alla realizzazione di questo strumento musicale naturale può partecipare l’intero pubblico, perché in fondo la musica si trova in ogni persona e in ogni cosa. (Magda Vasilescu)