recensioni dischi
   torna all'elenco


ORQUESTA DEL TIEMPO PERDIDO  "Sepk"
   (2023 )

Nasce dalla mente di Jeroen Kimman Sepk, il terzo lavoro in studio della sua Orquesta del Tiempo Perdido, un’opera affascinante e intensa (uscita per Shhpuma Records) piena di melodie seducenti e ipnotiche e di sonorità ricercate e raffinate. Accompagnato da dieci straordinari musicisti di Amsterdam, Kimman presenta dodici brani compatti e coerenti tra loro in un ambiente innovativo che sembra al tempo stesso estremamente familiare.

Dodici canzoni in cui cercare sé stessi e le proprie ambizioni e speranze è ciò che costruisce e popola Sepk, un disco in cui la Orquesta del Tiempo Perdido, guidata dalla sua mente e dal suo cuore pulsante che è Jeroen Kimman, si muove con precisione, passione e ardore. Kimman può ben essere definito, come riporta la cartella stampa che illustra il disco, un “sound philosopher”, i cui pensieri diventano musica profonda, illuminante e pervasiva. Come si potrebbero altrimenti definire le note tarantolate della visionaria “Cabin View” o le sperimentazioni argillose di “Ritorno in ritardo”, o ancora la world music che si fonde con il jazz e con un immaginario da funerale a New Orleans di “Flep” o l’esplosione zorniana di confusione e di lamenti di “Berrie”? Questa musica si può toccare con mano anche se ti fa viaggiare con la mente.

In un mondo sempre più fragile e veloce, dai ritmi insostenibili e serrati, il caleidoscopio a tratti (positivamente) indecifrabile che è Sepk sembra una celebrazione dell’hic et nunc, del carpe diem, di un contesto simposiale da proteggere. Vibrazioni che paiono provenire dal passato si intrecciano con manifestazioni ambigue e coraggiose di un futuro prossimo o lontano, dal delirium tremens industriale del pezzo che apre il disco, “Voorland”, ai graffi introspettivi e alienanti di “Mephista”, per non parlare, ancora, della polimorfa e sinistra “Mugambi Mestre Mutation”. Sepk è più percorsi, più nature, più cervelli.

La Orquesta del Tiempo Perdido si immerge e si destreggia con spontaneità e con mestiere nei percorsi sonori – talvolta pulitissimi, talvolta cupi e torbidi – dettati dall’estro e dalla grinta di Kimman, vero “direttore d’orchestra” di questo campo di suoni e di forze che opera come un meccanismo perfetto a incunearsi tra le abilità dei singoli attori in gioco e la concertazione e l’equilibrio dell’insieme. Per tutti questi motivi Sepk è un LP sincero e riuscito, che cattura l’attenzione dei palati più fini ed esigenti senza mai risultare cerebrale o dispersivo. (Samuele Conficoni)