PETER SODERBERG "String dialogues"
(2023 )
Un dialogo tra corde, senza specificare quali corde. La ricerca di Peter Söderberg si è focalizzata su questo obiettivo, per l'album “String Dialogues”, uscito per Thanatosis Produktion. Egli suona chitarra, liuto, oud e tiorba. Gli ospiti suonano violino, arpa, clavicordo, pianoforte e contrabbasso. Ma rigorosamente uno alla volta, assieme a Peter. Infatti, i sei brani che costituiscono l'album, sono sei duo.
Il concetto di base è questo: l'unità minima per avere un dialogo, è di due persone. Perché le due persone si comprendano, devono avere un codice condiviso, una convenzione. E se invece volessero provare a cambiare codice, cosa succederebbe? Se con la lingua è difficile pensarlo, con la musica forse il risultato è più intuibile. Un codice condiviso dalla musica occidentale, ad esempio, è quello del sistema tonale, suddiviso in toni e semitoni, per un totale di dodici note possibili. Ad est si sa che ci sono i microtoni, che sono i quarti di tono. Qui Söderberg va oltre, sfida le nostre orecchie con accordature più che libere, siamo alla deliberata scordatura.
È il fascino che prova ogni musicista sperimentale: vorrebbe addentrarsi sempre di più, in quei confini tra le frequenze delle note, alla ricerca di nuovi colori. Di volta in volta, i musicisti nei sei brani, vanno per così dire “fuori strada”, a cavallo tra la composizione e l'improvvisazione, per poi cercare di ritrovarsi, inseguendosi nel timbro, nella ritmica, nell'intenzione, fino anche ad esplorare dettagli più raffinati, come l'attacco del suono e il suo smorzamento.
I sei dialoghi sono tra violino e chitarra, arpa e tiorba, clavicordo e liuto, violoncello e oud, pianoforte e chitarra, e infine contrabbasso e tiorba. Questi abbinamenti portano a sei risultati ovviamente diversi dal punto di vista timbrico. Ad esempio, se “Distant – for clavichord & Renaissance lute” è pizzicatissimo e croccante, “Continuum – for Cello & Oud” è una continua onda morbida e glissata.
Ma dal punto di vista dell'organizzazione, le sei tracce hanno un tratto in comune. Si cerca sempre di sfumare i contorni tra uno strumento e l'altro, in modo che chi ascolta non distingua più chi sta suonando cosa, quale dei due stia suonando quali note, per raggiungere un ipotetico ibrido, una sorta di terzo strumento chimerico.
Un esperimento impegnativo da ascoltare, ma intrigante per chi ama sviscerare il suono di per sé, e scoprire nuove possibilità espressive. (Gilberto Ongaro)