recensioni dischi
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ODISSEA  "Odissea"
   (1973 )

I piemontesi Odissea rientrano senza ombra di dubbio nella categoria dei gruppi più sottovalutati del periodo d’oro del rock progressivo italiano. Forse il motivo risiede nella loro particolare proposta che, ad una prima analisi, può sembrare “leggera”, più legata al pop e alla forma canzone che non al prog vero e proprio.

Roberto Zola e compagni mostrano in effetti una certa tendenza verso la riproposizione della tradizionale canzone italiana, ma qui essa viene arricchita con quegli elementi tipici che riconducono le composizioni verso sonorità assai vicine al prog, ciò per mezzo dell’inserimento di accenti rock e sinfonici sebbene mai troppo invadenti. Si tratta di un approccio alla materia inusuale e sotto alcuni aspetti con elementi in apparente disaccordo tra di loro.

Il risultato, tutto sommato, è un album i cui brani filano via lisci con una disinvoltura esecutiva di grande effetto che si ritrova come elemento catalizzante e caratterizzante nell’intero lavoro, senza cadute di tono. In ''Odissea'' non vi sono inutili orpelli o magniloquenze, né assoli fuori luogo, bensì un sodalizio armonico indissolubile messo al servizio della forma canzone.

Lo capiamo subito dall’ascolto del brano che apre il disco, ''Unione'', caratterizzato da un suono compatto, privo di asperità e molto “italiano” nel suo naturale svolgimento melodico. Il carico di note e accordi che accompagna ogni canzone è tenue, quasi sussurrato dall’elegante arpeggio delle chitarre e dal suono gentile delle tastiere, squarciato solo a tratti da un impeto rock mai troppo audace, semmai essenziale.

Non mancano momenti di rimarcabile fascino, in particolare ''Giochi Nuovi Carte Nuove'' che, costruita su una solida architettura di stampo sinfonico, si fregia di un sapiente gioco fatto di rallentamenti ed accelerazioni. Il terzo brano, lo strumentale ''Crisalide'', è l’episodio meno originale e ricorda molto da vicino alcune cose degli irlandesi Fruupp, ma rappresenta comunque un ottimo tassello nel puzzle di canzoni di cui è costituito l’album.

''Cuor Di Rubino'' è costruita su un andamento melodico di facile presa, persino orecchiabile se si vuole, non per questo privo di originalità e certamente lontano da facili e gratuiti accostamenti o paragoni. Anche in ''Domanda'' (dove si affrontano tematiche importanti, l’origine del mondo nelle domande di un bambino) gli Odissea riescono a mantenere una dignitosa serenità artistica senza mai scadere negli eccessi “pseudo-culturali” spesso pretenziosi e talvolta imbarazzanti cui alcuni gruppi dell’epoca erano spesso dediti.

Non mancano nell’album accenni più propriamente prog: ''Il Risveglio Di Un Mattino'' ci mostra un gruppo capace di regalare alla forma canzone quella epica solennità tipica del genere attraverso il ricorso ad un arrangiamento sinfonico di grande impatto. Anche ''Voci'' possiede lo stesso DNA ed il largo impiego del mellotron non fa che confermare un timido ma importante ricorso a sonorità più ardite e complesse.

La conclusiva ''Conti e Numeri'' rappresenta l’episodio più rock dell’intero album: dopo un inizio lento e molto lirico assistiamo al proliferare di una tensione ritmica che accelera i passi fino ad offrire lo spazio a brevi ma incisivi assoli di chitarra opportunamente distorta. Ogni momento dell’album è impreziosito dalla accattivante voce graffiata di Roberto Zola la cui interpretazione, a mio modo di sentire, è non meno che eccellente.

Da rivalutare ed inserire a buon diritto nell’elenco di quegli album di una stagione fantastica. (Moreno Lenzi)