recensioni dischi
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BRIGHDE CHAIMBEUL  "Carry them with us"
   (2023 )

La “scottish smallpipe” è la cornamusa scozzese che si suona senza soffiare: si attiva un mantice sotto il braccio, e si ottiene un suono continuo. Brìghde Chaimbeul non solo la suona, ma ne esplora le possibilità di tessitura, creando una musica fatta di lunghi drones. Nell'album “Carry them with us”, uscito per la Glitterbeat Records, sperimenta l'incontro con il sassofonista Colin Stetson, che si può percepire bene nel brano “Uguviu (ii)”.

Cornamusa e sassofono sono uno strano connubio, perché entrambi sono strumenti a fiato. Questo fa sì che i due suoni si fondano, ottenendo un terzo timbro. Chaimbeul ogni tanto canta, come in “Pìobaireachd nan Eun (The Birds)”, ma sono poche note, giusto per esprimere il testo. Lo strumento è sempre il principale vettore di attenzione.

Non aspettatevi di ballare: per almeno i primi sette brani, il disco è interamente fatto di drone ipnotici. Solo con “'S Mi Gabhail an Rathaid (I take the Road)”, arrivano delle percussioni ritmate. Verso metà brano, sembra di sentire un vorticoso arpeggio di sintetizzatore, come quelli che si fanno nell'elettronica. Ma quando le percussioni sfumano, ci accorgiamo che non è un synth: è il sassofono imbizzarrito! Un bell'inganno sonoro, e una grande prova di fiato di Stetson.

Il disco si chiude lentamente come è iniziato, ma con ruggenti note basse, suonate forte, e Brìghde canta un'ultima volta, sul tema. Per apprezzare a fondo, bisogna che piaccia l'approccio minimalista della drone music, e al contempo il suono folk celtico scozzese. Ma comunque, l'album e la giovane piper sono d'indubbia ispirazione, soprattutto se si guarda la performance dal vivo, dove si fa rapire dal flusso, e rapisce anche noi in ascolto. (Gilberto Ongaro)