ALMA IRATA "Pillole di inquietudine sociale"
(2023 )
Da qualche anno coltivo una speranza: quella che la gente possa in qualche modo riprendere possesso di una coscienza analitica, per filtrare e difendersi dai messaggi capziosi dettati da un sistema politico che tende a spersonalizzare e condurre all’imbecillimento l’intera nazione, sostenuti dal quarto potere che li appoggia con narrazioni fuorvianti e distorte.
Mi piacerebbe verificare, se dischi come questo degli Alma Irata ne uscissero a dismisura, ancora la gente ignorerebbe il torpore mediatico al quale sono sottoposti, e se (finalmente!) comincierebbe ad abbracciare un ruolo da protagonista e non da rassegnata comparsa.
Intanto, il quartetto romano sgrana un rosario invettivo di lodevole impatto, tentando di scuotere il popolo supino con 10 brani e 36 minuti dalle lame affilate, che tagliano nelle viscere delle problematiche che attanagliano la nostra vita socialE: con la “E” volutamente messa in maiuscolo per evidenziare l’importanza della lettera finale, senza la quale saremo a parlar del niente, visto che San Facebook e San Instagram son Beati fasulli ed illusori ma (ahimè!) alla gente piace ancora cosi...
Ma gli Alma Irata (e non solo loro!) riluttano questo falso benessere lanciando il secondo grido Metal & Hard-core a squarciagola intitolato “Pillole di inquietudine sociale”. Il primo interrogativo provocatorio è “Sai chi ha fatto la rivoluzione?”, esacerbato con tanta bile in corpo, ed è certo che la secernono “Ogni santo giorno”, con le corde della guitar che graffiano senza sconti, contornata dall’asfissia di “Rito collegiale”, “Democricratico”, “Solo andata” e “Spettri” di declino sociale sputati ai quattro venti.
Ci sono spiragli di tregua? Pochissimi, in verità: a malapena, giusto “Talismano” e “Con garbo” riducono di poco le tigri nel motore, perché quando ci ricordano che vige un “Male Nostrano” loro sberleffano tutto e tutti, con la rabbia che in questo Bel(?)paese “niente cambia”, vomitato con indomita ossessione. Chi può dargli torto? C’è poco da aggiungere... ed un “grazie” glielo dobbiamo, a prescindere. (Max Casali)