recensioni dischi
   torna all'elenco


TITO PAVAN  "Piccoli pezzi facili"
   (2023 )

Artista sensibile e polistrumentista padovano, il cantautore padovano Tito Pavan ritorna con “Piccoli pezzi facili”, album uscito per Soyuz Records. Sono dieci canzoni effettivamente facili all'ascolto, un pop d'autore con parole semplici, ma scelte con cura, per aprire pagine di emozioni.

“La voce degli angeli” si rivolge direttamente a chi ascolta, chiedendogli un tipo di coraggio abbastanza controcorrente, in quest'epoca di coraggio nell'andare avanti a tutti i costi, nella competizione su tutti i campi: “Sei pronto a restare più indietro? Accorciare il tuo passo e vedere lì dietro chi c'è?”. E in effetti, chi ha deciso che dobbiamo vivere in una gara, sentirci sempre con la “performance” in mente?

Saltando alla terza canzone, il concetto torna in maniera più diretta, con “Io non ho voglia di niente”: “Se ti fermi un momento a chiederti perché (…) nessuno potrà mai decidere quello che per noi è importante, lo sappiamo solamente io e te”. Questi “io e te” non so se siano per forza una coppia, perché più avanti Pavan dedica una canzone direttamente all'anima, come rivolgendosi a un'amica: “Sei tu che mi aiuti a rialzarmi, quando non so più dove girarmi, e un po' malfermi ce ne andiamo via. Sarai più leggera, o forse più vera, anima mia?”.

Tornando al secondo brano, “Piccolo” ha una melodia fischiettata, dove compaiono gli elementi ricorrenti della grandine e della neve, che tornano anche su “Tu sei libera”, dedicata ad Olga, l'amante dello scrittore Boris Pasternak, che è finita per due volte in un gulag ma non si è mai piegata: “La vita a volte ci chiede di amare qualcuno in clandestinità (…) ci sono cose che è meglio tacere davanti alla malvagità. Quanto male fa, la tua verità, però adesso tu sei libera”.

Nella canzone un po' simpatichina “Un buon tè”, il clima è anche forse troppo leggero, ma Pavan dà il meglio di sé nei racconti con un fondo di tristezza, e se non tristi, profondi ed esistenziali. “La leggenda di Misurina” racconta la storia del gigante Sorapiss, che asseconda i capricci della figlia. Per chi non la conosce non la svelo, ma è una classica leggenda popolare che spiega come si sono formati certi paesaggi, come in questo caso quello del monte Cristallo e del lago di Misurina. Da non confondersi con l'omonimo brano di Claudio Baglioni, il racconto usa note e parole diverse: “Attraverso boschi e tornanti, dentro le Alpi del nord, rimbalzano echi distanti, e storie che dirvi non so”. Da bravo cantautore, fa tornare i boschi e i tornanti a fine brano, rivestiti di un significato che a inizio testo non hanno.

“Mi sembrava bellissimo” è il brano di chiusura, su un arrangiamento pop rock à la Ligabue, rivolto al passato non in maniera nostalgica, ma cercando di decifrarlo: “E intanto provavo a trovare la chiave delle tue armoniche, fra rivelazioni estrinseche, e incognite tuttora ermetiche”. Il 6/8 blues pop “Il mare in fondo ai tuoi occhi” è suggestivo e malinconico: “Se un giorno il cielo, per sbaglio, perdesse un pezzo di sé, ritrovarlo dentro ai tuoi occhi non sarebbe difficile (…) Voci di bimbi che giocano, e aria chiara e purissima, e fili d'erba che danzano fra doppie mezze verità”.

Ho lasciato per ultimo il sesto brano, apice del disco, che sfiora la metafisica: “Un altro tempo” riflette sulla possibile circolarità del tempo, questa entità che secondo la scienza quantica neppure esisterebbe. “Lascia che il tempo scorra sulla linea dell'infinito, dove prima o poi si specchiano il tuo futuro e il tuo passato fino al punto critico che fa curvare i pianeti, e tutto sembra sospeso (…) Tinte impressioniste tele ancora da perfezionare, ma è quello che hai, e che ti deve bastare; è solo tutta prospettiva, cambia la linea dell'orizzonte, e non sei più tu quello che segue, ma quello che lascia nuove impronte”. Al momento in cui Tito canta “cambia la linea dell'orizzonte”, c'è una suggestiva modulazione, che fa cambiare tonalità al brano senza preavviso. È il brano con miglior corrispondenza tra testo e musica, davvero evocativo.

Pezzi facili sì, piccoli anche perché sono canzoni, ma non scontati. Tito Pavan è uno di quei pochi cantautori che cerca di portarci nell'iperuranio! (Gilberto Ongaro)