recensioni dischi
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VALENTE  "Radio sky"
   (2023 )

Un giro melodico di basso, delle prime note di “Radio Sky”, e subito siamo catapultati in un clima riconoscibilissimo, quello della new wave. Il nuovo album di Claudio Valente (stavolta solo Valente), uscito per Dischi Soviet Studio, attinge a piene mani dalla corrente anni '80, ovviamente attualizzandola nella produzione. Tranne nel caso di “A dance in the night”, dove coi suoi tom super sintetici ci naviga proprio, nel decennio reaganiano!

Il basso è sempre in primo piano negli arrangiamenti, imbracciando anche il fretless in “City of water”, mentre la chitarra è atmosferica, assieme alla drum beat e ai suoni di sfondo, che creano spesso quell'atmosfera plumbea, così cara alla new wave. I testi alternano un'amara constatazione della realtà, con un desiderio di sognare e di riportare la magia, come cantato in “Bring back the magic”: “There must be something more to say, maybe there's another way”.

Questa magia non è tanto quella degli stregoni, la superstizione diciamo, quanto piuttosto la voglia di tornare a rivedere il mondo con gli occhi di bambino, ritrovare lo stupore e l'entusiasmo, sganciandosi dal grigiore del ritmo degli adulti. “Children off the beat”, non a caso, significa “bambini fuori dal ritmo”.

“Walls of love” parla di desiderio d'amore, ma sembra qualcosa di disturbante: “Television smile, your face, your style like a reptile. You are dressed to kill, your skin is my crime. And your Christmas tree, just a ghost of the lie, meanwhile I'm just sitting here, melting inside your eyes, who am I? Walls, walls, walls of love, they all close me in (…) you unleash my dark desire”.

“Fly” cita almeno due canzoni. “Fly Robin Fly” delle Silver Convention, dopodiché Valente si rivolge direttamente al “Child in time” dei Deep Purple, domandandogli se ha trovato il suo cielo. Anche questa canzone si alterna tra l'ironia delle impossibili ali, e la voglia di volare via davvero. Così, Valente parla del cielo, con un sound, quello della new wave, che da sempre rappresenta l'essere saldamente ancorati alla realtà terrena, con la smania di cercare altrove. (Gilberto Ongaro)