recensioni dischi
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MARILLION  "Script for a jester's tear"
   (1983 )

Questo disco è l'inizio della straordinaria avventura dei Marillion. Avventura che continua ancora, tutt'oggi, alla grande, dopo oltre 30 anni di onorata carriera e di album vincenti e convincenti. Avventura, pure, uscita (quasi) incolume da un cambio di leader/vocalist che più cambio non si può. Come una squadra di calcio che, dopo aver praticato la miglior difesa a uomo del pianeta, decide improvvisamente di passare alla zona. Può venire bene lo stesso, certo, ma bene uguale no. Oppure sì, ma è comunque tutta un'altra cosa. Ma ciò non c'entra niente, torniamo all'inizio del viaggio. Siamo nel 1979, e nella ridente (?) cittadina di Aylesbury c'è un gruppo di ragazzotti che fa musica. Il nome della band è Silmarillion, tratto da un libro di John Roland Reuel Tolkien, quello de "Il signore degli anelli". Tutto procede stancamente fino a quando non si unisce al gruppo tale Derek William Dick, uno scozzese presto soprannominato Fish perché lui, dall'acqua della vasca da bagno, non vorrebbe proprio uscire mai. Il background del nuovo arrivato? Semplice: aiuto-garagista, studente di selvicoltura (?), impiegato all'ufficio per la disoccupazione, addetto alla manutenzione dei parchi e, dulcis in fundo, boscaiolo. Incoraggiante, no? Capita però che, in barba alle precedenti occupazioni, Fish cambi faccia al gruppo, in tutto e per tutto: perso il "Sil" rimane solo Marillion, e poi (soprattutto) le idee musicali, prima solo abbozzate, trovano magicamente compimento con i versi fantasiosi e "sinfonici" del cantante-stangone (trattasi di 2 metri e 5 centimetri, roba da basket, altro che rockstar!). Quando poi i ragazzi cominciano a suonare dal vivo, si accorgono dell'ulteriore valore aggiunto: il neosoprannominato Fish si dimostra un vero animale da palcoscenico. Capace sul serio di intrattenere, lasciando tutti a bocca aperta. Ricorda un po' Peter Gabriel, è vero, ma anche il primo Bowie, e Marc Bolan, e chissà quanti altri. Si comincia così a fare le cose più sul serio, e di conseguenza la line-up della band comincia a stravolgersi: Fish si porta dietro il tastierista Mark Kelly, notato ad un concerto dei Chemical Alice a cui Mark faceva da supporter con uno scalcinato gruppo. Scalcinato, appunto, a parte lui. Quando poi le cose cominciano a muoversi, e la band comincia ad essere richiesta, è sempre Fish che scova il bassista Pete Trewavas: il quale, contattato alla vigilia di un tour da 30 concerti, studiò giorno e notte i brani e fu pronto (eccome se lo fu!) in soli 2 giorni. Capita così che nell'ottobre dell'82 la nota emittente Radio One trasmetta un 45 giri dal nome "Market square heroes", che pian piano diventa un successo procurando ai ragazzotti niente di meno che un contratto con la Emi. I due ulteriori singoli ("He knows you know" e "Garden party") scalano le classifiche britanniche, rendendo questo primo album un grande successo ancor prima d'uscire nei negozi: quando poi uscirà, andrà ancor meglio, arrivando fino al n.7 delle charts UK e sfondando anche all'estero. Il tutto per una musica, ed un album (registrato ai celebri Marquee Studios, tra il dicembre '82 ed il febbraio '83), in piena controtendenza con le mode del momento: si era già nelle atmosfere musicali che avrebbero caratterizzato lo yuppismo degli anni '80, e questi ragazzi se ne uscirono invece con un disco barocco, incentrato su una lunga suite fuori dal tempo, l'omonima "Script for a jester's tear", con le frequenti ed improvvise mutazioni di tempo classiche del progressive anni '70, Genesis (ovviamente) in primis. Oltre a questa indimenticabile suite, trovano posto sull'album i già citati singoli "He knows you know" e "Garden party" (escludendo però la già celebre "Market square heroes"), più le nuove "The web", "Chelsea monday" e, soprattutto, l'immensa "Forgotten sons", un duro brano antimilitarista che diverrà indimenticabile dal vivo, con Fish che imbraccia l'asta del microfono a mo' di fucile, fingendo di sparare sulla folla impazzita. Schegge di eternità, senza esagerare, per uno dei periodi più belli ed innovativi della musica legata alla terra d'Albione. (Andrea Rossi)