recensioni dischi
   torna all'elenco


PIER GONELLA  "667"
   (2023 )

È sempre un azzardo pubblicare un disco per sola chitarra elettrica e band, anche se a farlo è Pier Gonella, nome importante negli ambienti rock non solo italiani per aver contribuito a successi di band come Necrodeath e Labirinth.

L’operazione in sé, dopo una serie di ascolti, assume degli aspetti molto interessanti, perché non è assolutamente il disco di un musicista presuntuoso, bensì la concretizzazione di un’idea apparentemente semplice, ossia creare un’occasione per dar... “voce” allo strumento principe del rock.

L’abilità di Gonella è stata pertanto l’aver saputo sostituire le corde vocali con... sei corde d’acciaio. Chiaro che per raggiungere obiettivi come questo un musicista dovrebbe essere in pieno possesso delle sue capacità tecniche nonché di una grande conoscenza delle possibilità sonore del suo strumento. Pier Gonella ha dimostrato di possedere tutto questo, costruendo nove magnifici brani che si lasciano ascoltare tutti d’un fiato, senza che le sequenze sonore e ritmiche rischino di stancare chi ascolta.

Tra melodie e virtuosismi calibrati, il musicista ha saputo dare un’identità, un colore ad ognuno di questi brani, rispettando il filo conduttore del racconto musicale, quasi volesse accompagnare l’ascoltatore in un’altra dimensione. Ora in molti potrebbero tirare in ballo grandi nomi della sei corde, come Joe Satriani per esempio, tra l’altro un punto di riferimento dichiarato, ma ho l’impressione che non si riesca ad andare oltre un accostamento stilistico, perchè ‘667’ ha una sua personalità, un suo territorio da esplorare senza ricorrere ad “interfacce” e suonato con uno stile riconoscibile.

In definitiva, questa fatica di Pier Gonella non è assolutamente ostentazione di tecnica fine a sé stessa, anzi. A parere di chi scrive, tra le varie sfacettature che può assumere una musica come il rock, è palpabile l’intento di comunicare qualcosa di personale, un’urgenza che è sembrata difficile da contenere, sentito anche il “nervosismo” che emerge a tratti incontenibile. Una formula estetica che, se proposta un paio di decenni fa, avrebbe fatto parlare molto. (Mauro Furlan)