recensioni dischi
   torna all'elenco


DOUBLE SYD  "My lonely sun"
   (2023 )

Tutto solo, in una nuvola blu, me ne stavo a sorseggiare i fatti miei quando, all’improvviso, una luce inaspettata ha illuminato ogni recesso della mia stanza. Multiformi sfumature pastello, arabeschi, apparizioni arcobaleno e, come scaturite da un tempo lontano, spirali di incenso mi hanno avvolto trasportandomi altrove.

No, non c’era nulla di strano nel mio tè… semplicemente, dalle casse del mio impianto stereo se ne uscivano le liquide sonorità di “My Lonely Sun”, il primo album di un duo chiamato “Double Syd”. Un album capace di trascinare l’ascoltatore in un onirico fluire di esperienze sinestetiche.

L’intento è dichiarato sin dalla denominazione del duo. Adelmo Ravaglia ed Enrico Liverani mettono subito le cose in chiaro e non fanno segreto della loro ammirazione per lo zio di Cambridge decidendo di affidarsi entrambi alla benedizione del suo nome.

Le undici tracce di questo gioiellino scorrono mettendo in evidenza una raffinata e ben equilibrata sinergia tra nostalgie vintage e potenzialità tecniche contemporanee. Si apprezza la ricercatezza degli arrangiamenti, il sapiente uso dello studio di registrazione, la perfetta dose degli ingredienti necessari a determinare l’appartenenza al genere. Echi, riverberi, suoni al contrario, parti vocali sempre ben amalgamate col tessuto sonoro; ogni cosa al posto giusto.

Tra le liriche occhieggiano qua e là rimandi e citazioni varie, come fiorellini raccolti dai giardini di Barrett, dei Beatles (a tratti sembra di sentire il soffio dello spirito di Harrison) o pescate nello scrigno dei segreti dei primi Pink Floyd.

Le radici di questo Sole Solitario affondano nella Swinging London degli anni sessanta e si manifestano attraverso l’interpretazione sonora che di quell’epoca ne diede il rinascimento psichedelico degli anni novanta. Un lavoro questo, che avrebbe ben figurato nel catalogo di etichette come Delerium Records e avrebbe deliziato i lettori delle ormai mitiche Freakbeat, Crohinga Well, Ptolemaic Terrascope e che giunge oggi a noi come una rinnovata ventata di aria fresca. O forse, per meglio dire, uno sfavillante raggio di sole. (Dario Antonetti)